12 I MONUMENTI VENETI DELL’lSOLA DI CRETA di quel secolo XVI, essendosi ancor una volta guastata la conduttura e perduto l’acquedotto, il capitano Benetto Taiapiera riuscì con una spesa di 136 ducati a ristabilire il corso normale delle acque tanto per la fontana di S. Salvatore, quanto per quella della Strada Larga: progettando anzi fin da allora di prolungare la prima conduttura fino alla piazza e poi al porto : e l’acqua vi arrivò con tanta copia « che per soverchia abbondanza — scriveva egli nel febbraio 1602 — crepando gli condotti, trìè stato necessario darne un salasso a quella di S. Salvatore » (1). Sopraggiunto qualche mese dopo il duca Giovanni Sagredo, è a credersi che a quella stessa sorgiva egli intendesse di alludere nel riferire di certa vena d’acqua di recente scoperta e guidata per l’appunto in piazza alla nuova fontana da lui costruita presso alla Loggia, con intenzione di prolungarla quindi fino al molo (2). Sta il fatto che il duca Delfino Venier pochi anni dopo considerava come unico acquedotto di Candia quello alimentante le tre fontane di S. Salvatore, della Loggetta e del Porto(3), mentre il capitano Francesco Morosini alle due medesime fontane della Loggia e del Molo addusse pure le acque di un pozzo, situato tre miglia fuori della città (4). E anche ai giorni nostri la conduttura di Candia chiamata Vlikhadha passa non lungi dal cisternone di S. Zorzi — di cui diremo—, attraversa alcune case fra S. Giorgio Cavura e S. Tito, e sbocca nel pozzo segnato anche dalla pianta del Werdemuller sopra agli arsenali vecchi. Molto probabilmente si tratta di un avanzo di quell’antico acquedotto. * * * Da tutt’altra ed opposta parte entrava invece in città il breve acquedotto destinato alla fontana della Strada Larga (5). Pare fosse stato in origine attivato da Latino Orsini con certa sorgente nella “ fossa dei datoli ,,(6) : la quale coincide forse con quelle caverne di acqua potabile, situate nei terrapieni fra i baluardi Panigrà e Betlemme, (') V. A. S.: Dispacci da Candia, 28 febbraio 1602. (2) « Essendosi scoperta certa vena d’acqua viva bonissima non molto lontano dalla città, la quale si perdeva et andava di male, quella ho condotto alla Lo^a pubblica in piazza et fabricato ma bella fontana di pietra viva, che ordinariamente getta un canone di grossezza di una noce; la quale ho anco incaminata al mollo fuori della porta, acciò di notte dalle galere et altri vas-selli sen^a molestar la città possi esser fatto acqua. Et questa spesa è stata fatta da me sen^a alcun danno della Serenità Vostra, ma con certe condane de pistori ecc. ecc..... E’ vero che il condotto al mollo all’arrivo dell’illustrissimo mio successore non era totalmente fenito, ma havendo lasciato a sua Signoria preparate le materie, son sicuro che non mancarà, per il %el!o che tiene del publico servigio, di perfettionar sì fruttuosa opera ». (V. A. S.: Relazioni, LXXXI: sua relazione; cfr. Dispacci da Candia, 28 febbraio 1602. (3) « Passando un aquedotto nella città in luoco detto S. Salvador et di là alla ’Lametta, fu tirato anco al porto per commodo delle galee» (V. A. S.: Relazioni, LXXXI: sua relazione). (4) Ibidem: LXXIX, relazione del provveditore Pietro Bondumier. (s) La fontana della « Platea strada » era nel 1602 affatto disseccata per una passata siccità (V. A. S.: Dispacci da Candia, 28 febbraio 1602). (*) V. B. M.: hai. XI, 6, a., fol. 20*; V. A. S.: Dispacci da Candia, 29 agosto 1584.