88 I MONUMENTI VENETI DELL’lSOLA DI CRETA imponendo alla città una tassa straordinaria, destinata ai periodici lavori di quel porto che più che alla popolazione agricola delPisola giovava agli interessi commerciali e militari della Dominante, il malcontento che da lunghi anni serpeggiava fra gli indigeni come fra gli stessi veneti coloni, scoppiò finalmente nella formidabile rivolta destinata a restare famosa negli annali cretesi(1). Che se la buona sorte della Serenissima guidò le armi venete al trionfo finale, il turbolento periodo di quelle lotte intestine non doveva certo riescire favorevole alle condizioni del porto, le quali intanto andavano per ogni riguardo aggravandosi. Fu certo in vista di ciò che il 3 febbraio 13 71 venne deciso l’invio a Creta di un ingegnere che più particolarmente studiasse il problema e procurasse i rimedi(2); che qualche giorno dopo si provvide alla spedizione di legname e di ferramenta (3); e che il 14 aprile si derogava alla deliberazione già presa che « expense fiende ista de causa solvantur per illuni modum qui videbitur dominis consiliariis, capitibus et sapientibus Crete, dummodo non solvantur per nostrum comune », col permettere che una volta tanto Venezia mandasse a prestito dalle proprie casse la somma di 2 mila ducati(4): i quali in realtà non poterono essere tanto facilmente restituiti(5). Ma, levata l’imposta e cessato il contributo di Venezia ai lavori, i cespiti ordinari dell’isola non potevano essere bastanti per sopperire a quei bisogni ; e le imprese del porto languivano, mentre il suo stato peggiorava sempre più, ed i magistrati di Candia replicavano lettere a Venezia per impetrare denari, per domandare navi con cui trasportare le pietre da Standìa e per chiedere un altro naviglio da caricare di pietre e da affondare nei lavori del molo. Alle quali richieste il Senato una volta tanto rispondeva favorevolmente, concedendo le chieste galere, stanziando 4 mila ducati per i lavori di quel porto, e sostituendo con altra persona mastro Pietro Cassio, « qui est inutilis et insuffi-ciens »(6). Dopo di che potevasi finalmente dichiarare in quell’assemblea che «portus noster Candide per gratiam Dei est satis in bonum ordinem deductus, ita quod ad ipsius perjectum completamentum non indiget nisi cavari ad manus » (7>. E del porto per buona sorte non si parla più per qualche anno. Solo dopo il ripetuto invio nel 1385 di una galea « prò portando lapides et alia necessaria in Candida prò portu Candide » (8), una deliberazione del 19 luglio 1390 provvede alla costruzione di una cortina sopra il molo nuovo, atta a difendere la città in caso di (») J. Jegerleiiner, Der Aufstand der kandiotiscben (*) Ibidem, XXXIII, 101*. Ritterschaft gegen das Mutterland Vetiedig, in « Byzantinische (*) Ibidem, XXXIV, 14*. Zeitschrift », voi XII, fase. 1-2, Leipzig. (c) Ibidem, XXXIV, 158* seg. (2) V. A. s.: Senato Misti, XXXIII, 90. (’) Ibidem, XXXV, 122*. (3) Ibidem, XXXIII, 95*. (8) Ibidem, XXXIX, 49*.