396 I MONUMENTI VENETI DELL’lSOLA DI CRETA corda il dominio di Giorgio Calergi, che poteva essere il giudice di quell’eparchia. Un’unica epigrafe del 1327-1328 (Seiino, n. 28) contiene il leale riconoscimento del dominio veneto su Creta. Due iscrizioni finalmente (Milopotamo, n. 12, e Castelnuovo, n. 1) aggiungono al testo una breve scritta in caratteri crittografici, la quale si risolve del resto in una semplice invocazione alla divinità. Altre tre (Chissamo, n. 7; Bonifacio, n. 10 e lì)-poche lettere indecifrabili (ebraiche o cabalistiche?). Nei riguardi linguistici e grammaticali non vi sono rimarchi di particolare importanza in confronto delle epigrafi coeve del mondo greco. Ma di fronte alla ortografia per lo più spropositatissima, il lettore deve tener presente la pronuncia moderna del greco e rendersi conto dei fenomeni specialmente di jotacismo, per poter ricostruire la lezione corretta di quei testi. * * * Il gruppo delle epigrafi dei secoli XVI-XVII è assai più vario: scolpite sul marmo, sulla pietra, sul sasso, esse sono destinate non soltanto agli edifici sacri, ma anche a quelli profani ed agli scopi più disparati; così che anche il loro contenuto è diversissimo. I caratteri, talora ricercatissimi e con voluto ritorno alle forme classiche, sono tal’altra estremamente rozzi. Le abbreviature, moltiplicate qualche volta per semplice bizzarrìa, possono assumere carattere precipuamente calligrafico decorativo. La lingua oscilla del pari dalle più umili forme dialettali, ai più faticosi e complicati componimenti poetici di ispirazione dotta, quali il risveglio degli studi portava di moda sopra tutto nei conventi e nelle sfere più alte del clero: Marco Mu-suri, Melezio Pega, Massimo Marguni e tanti altri letterati cretesi del tempo valgano di esempio. Le iscrizioni metriche sono una ventina: (CANDIA, n. 4, 6, 7, 9 (?); SITlA, n. 2; Chissamo, n. 4; Canea, n. 6, 13; Retimo, n. 12; Milopotamo, n. 5; Amari, n. 16; Temene, n. 1; Pediada, n. 15; Mirabello, n. 1, 4; Castelnuovo, n. 1, 53; Bonifacio, n. 14; Gerapetra, n. 7; Sitìa, n. 7, 13). La data è di regola ridotta ormai all’èra di Cristo (l’esempio più antico è quello del 1437 di Temene, n. 11, colle cifre tanto in greco quanto in italiano), ma segue naturalmente il calendario giuliano. Tuttavia l’antico computo bizantino si mantiene ancora eccezionalmente, sopra tutto nell’eparchìa di Mirabello: così che ne abbiamo esempi anche del secolo XVII, fino al 1627 almeno (Mirabello, n. 11, 28, 24, 25, 31).