102 I MONUMENTI VENETI DELL’lSOLA DI CRETA rosamente assecondate invano (1). Intanto la deliberazione del Senato del i settembre 1590 ordinava la chiusura della bocca orientale del porto (2), per dar luogo a quel nuovo bastione della fortezza ed alla traversa degli arsenali che ben presto furono di fatti costruiti (3). Malgrado tutta la buona volontà del provveditore generale Giovanni Mocenigo (4) e qualche parziale lavoro di cavamento eseguito dal rettore Francesco Malipiero (5), il provveditore generale Nicolò Donà poteva scrivere il 13 luglio 1593 (6) che le condizioni del porto erano tanto deteriorate che presso gli arsenali vi si trovavano soltanto due piedi di acqua, mentre la torricella rotonda del faro, al quale si attaccava altresì la catena di chiusura del porto, ed una parte del molo, battuti dalle onde del mare, minacciavano sempre più di rovinare, senza che Tarsile che vi si voleva fondare davanti fosse stato ancora calato. E le stesse identiche cose ripeteva due anni dopo il rettore Benetto Dolfin <7); e poi di nuovo il Donà medesimo, il quale, in seguito ad un curioso equivoco, si era creduto di dover riparare invece il revellino all’opposto lato della bocca del porto (8). Cominciatasi — come Dio volle — la nuova porporella a difesa della lingua del molo (9), fu una vera fortuna che il terremoto del novembre 1595 non vi apportasse gravi danni(l0). Ma tanto bastò perchè i lavori venissero concentrati invece nella cava-zione del porto (in seguito a che già nel 1596 il fondo, da tre che era, fu portato a sette ed anche otto piedi)00; e si tentò dirigere le acque piovane della città verso le fosse della fortezza, anziché dalla parte del porto(l2'. Ma poiché nè quest’ultimo lavoro poteva dirsi definitivo<13), nè la porporella del molo era sufficentemente sistemata (14), nè la cavazione del porto poteva offrire alcuna garanzia di successo se il lavoro non si continuava ininterrottamente051, così in brevissimo tempo il porto si trovò ancora agli identici passi (l6). Nè troppo meglio andarono le cose dopoché il generale Benetto Moro gettò 150 barconate di pietra davanti al faro, per proteggerlo mediante una porporella, senza tuttavia poter ultimare il lavoro, e restaurò il faro stesso e la bocca del porto(17); e spe- (*) V. A. S.: Senato Atar, LII, 21. (ii) Ibidem, 23 agosto 1596. (*) V. A. S.: Senato Secreti, LXXXVIII, 54. (',¿) Ibidem, 17 giugno 1597. (3) Cfr. voi. I, pag. 437 segg. (is) y. B. M.: Ita!., VII, 214, f.: relazione del capitano (4) V. A. S.: Dispacci da Candía, 24 luglio 1591. Giangiacomo Zane. (») V. A. S.: Relazioni, LXXIX: relazione del provve- (1*) V. A. S.: Relazioni, LXXXIII: relazione del ret- ditore Alvise Giustinian. tore Alvise Dolfin. («) V. A. S.: Dispacci da C.andia, 13 luglio 1593. (is) V. A. S.: Dispacci da Candía, 17 giugno 1597. (’) Ibidem, 1 aprile 1595. — Cfr. Relazioni, LXXXI: (1«) Ibidem, 2 febbraio 1599. relazione del capitano Filippo Pasqualigo. (17) Nella sua regione dell’ottobre 1601 il rettore di (8) V- A- S-: dispacci Candía, 22 e 30 maggio 1595. Canea Daniele Gradenigo voleva si prolungasse di altri (“) Ibidem, 30 settembre 1595. I0 pass¡ ja porporella del faro e si restringesse di due (10) Ibidem, 6 febbraio 1596. pass¡ ja bocca del porto (V. A. S.: Relazioni, LXXXIII),