322 Parte I - Considerazioni di oggi. Ferdinando e di Conrad von Hoetzendorf della guerra «preventiva», ossia della spedizione sferrata improvvisamente, fulminea, contro l’alleata impegnata in qualche impresa coloniale o attraversante un momento di imbarazzi o di torbidi interni. Il nucleo di intellettualità irredentista delle regioni italiane dell’Adriatico orientale, il quale altrimenti non sarebbe stato che uno sparuto segnacolo colturale, venne fortemente ingrossato di aderenze popolari dalla politica slavizzatrice contro gli italiani, la quale non ammetteva alternative : o l’irredentismo o la distruzione; la vita o la morte ('). Alla distruzione e alla morte dovevano, inevitabilmente, essere preferiti, finché fosse possibile, la vita e l’irredentismo. L’insignificante nucleo antitriplicista del Regno ebbe, dalla lotta senza quartiere di quell’A-sburgo che la Superiore Provvidenza non volle diventasse imperatore, facilitato il suo compito di illuminare l’opinione pubblica sulle necessità politiche e militari del Paese. La politica ufficiale, contro voglia, dovette convincersi che la Triplice era una camicia di forza che consegnava l’Italia legata in balìa dell’avversione del folle aggressivismo senile di una casta militare asburgica e di un arciduca senza discernimento. Questa casta militare asburgica, accozzaglia di razze diverse unite dall’odio per gli italiani; questo tragico arciduca che doveva, comunque, esplodere e far (11 Così accadde anche a Fiume. Fu l'azione antitaliana del Governatore di fiducia dell’arciduca ereditario che vi fece divampare la fiammata purificatrice. « Come potè Fiume, si chiede Edoardo Susmel (in « Fiume attraverso la storia », Milano, 1919, pag. 101), conservare il suo carattere, la sua fierezza, la sua anima italiana? Era la fede. L’Italia era il nostro culto e la nostra vita. Che importava che l’Italia fosse triplicista? Era l’Italia e come tale non poteva abbandonare a chicchessia i suoi figli; non poteva e non doveva abbandonarli, perchè lo vietava la legge divina della giustizia, la legge umana del diritto. L’Italia doveva venire, e l’ora non poteva essere lontana. E quando venne, trovò Fiume, che in pochi anni aveva compiuto in sè la propria purificazione spirituale, a pari con le città sorelle che l’avevano preceduta nell’ascesa del calvario ». Alle ordinanze ministeriali che tendevano a privare Fiume della sua autonomia, alle misure violente di snazionalizzazione. Fiume durante gli anni precedenti la guerra, oppose la sua più accanita resistenza, e inalberò la bandiera dell’irredentismo. « Il Governo — nota il Susmel — aveva ravvivato la coscienza nazionale dei fiumani. Ormai i fiumani non si contentano più di dirsi soltanto fiumani, ma italiani. I cittadini migliori costituiscono nuove società, veri focolari di propaganda che a poco a poco invadono e conquistano tutta la città. La « Giovane Fiume » scuote la gioventù dal suo torpore e dalle colonne del suo gior-