La guerra, l’intervento e la pace. 403 deficientissimo Patto di Londra; menomata questa, diplomatica-mente, già debole posizione iniziale dal Patto di Roma con le così dette nazionalità oppresse; insidiosamente colpita dal tradimento massonico; osteggiata in ogni guisa da Francia e Inghilterra che ci aizzavano contro quel simbolo dell’astrattismo professorale che si chiamava Woodrow Wilson, il Presidente, cui gli Stati Uniti negarono l’approvazione dei suoi trattati di Pace, l’Italia non raccolse tutti i frutti dei suoi grandi sacrifici, del suo incomparabile sforzo, della sua decisiva vittoria. Non è qui il caso di fare una requisitoria: contro chicchessia. Ma deve restare, comunque, il ricordo che se organizzazioni democratiche e massoniche avevano assecondato, inizialmente, il movimento interventista, lo avevano fatto, — come è stato provato dagli avvenimenti successivi — più che per la liberazione delle terre irredente, per solidarietà con la Francia, per simpatia verso il Belgio. In esse la sollecitudine patriottica, quando c’era, era solo secondaria e subordinata. L’irredentismo non deve riconoscenza alcuna alle organizzazioni democraticomassoniche, ma le deve, invece, rendere responsabili per le sanguinanti mutilazioni. Contro l’assurdo del Patto di Roma si battè tenacemente, con energia disperata, sopra tutto un figlio di Trieste, Attilio Tamaro, assecondato dalla più nobile e alta espressione del patriottismo dalmatico: Roberto Ghiglianovich. Contro la mutilazione atroce, insieme con gli irredenti, combatterono, magnifici di generosa solidarietà, tutti i nazionalisti d’Italia e la figura eroica di Giovanni Giuriati (‘). (1) Per ricordare. Al Congresso di Roma delle così dette nazionalità oppresse, gli irredenti italiani non vollero, e a ragione, partecipare, in quanto la loro partecipazione sarebbe equivalsa ad una impossibile, inimmaginabile adesione alla mutilazione delle rivendicazioni nazionali italiane nell’Adriatico. Attilio Tamaro, vero veggente nel destino delle sue terre adriatiche, ha scritto (Cfr. Attilio Tamaro: Il patto di Roma, Roma, 1923, pag. 8): « ...l’errore massimo del Patto di Roma consistette in ciò: che si trasformarono gratuitamente in amici quegli jugoslavi, che dovevano rimanere nemici (perchè erano e furono