Come si diventava irredentisti 45 piccola volontà di individuo, tra il soffio della turbinosa bufera della lotta politica, deve risolvere per sè stesso quel problema del carattere e della coscienza nazionale, che di solito si risolve con uno svolgimento secolare fra milioni di uomini ». Se Ruggero Fauro sapeva vedere in fondo alle cose, un altro scrittore triestino, invece, era ottenebrato da una sua tendenza estetizzante e da desiderio di originalità. Il dissidio tragico fra l’anima nazionale e l’anima commerciale, come descritto da Scipio Slataper, non esisteva che nella sua mente di uomo avulso dalla realtà. Chi scrive lo ricorda compagno di scuola e di associazioni, ma egli aveva la tendenza a restar solitario. Di innegabile buona fede, egli si creava un suo mondo interiore in cui viveva e in cui faceva agire i personaggi, dei quali egli, solamente, era l’autore. Perciò tutti i suoi scritti politici sono il frutto di una logica lontana dalla realtà, di una persuasione onesta come reazione ad un ambiente che egli non comprendeva e non voleva comprendere e che non comprendeva e non voleva comprendere lui, perchè egli era fuori della realtà. Nulla di più inesistente del travaglio delle due nature di Trieste accennato nell’articolo su « La vita dello spirito », pubblicato nella Voce del 25 marzo 1909. Cfr. Scritti politici, Roma 1925, pag. 28): cc È il travaglio delle due nature che cozzano ad annullarsi a vicenda : la commerciale e l’italiana. E Trieste non può strozzare nessuna delle due : è la sua doppia anima : si ucciderebbe. Ogni cosa al commercio necessaria è violazione di italianità; ciò che ne è vero aumento danneggia quella». Questo dilemma tragico scorto dallo Slataper era solo nella sua imaginazione. Il dramma ibseniano non era sentito a Trieste. Era solo nella psicologia ibseniana del suo autore. Gli irredentisti avevano superato e superavano qualsiasi considerazione economica: erano prima di tutto e sopra tutto irredentisti. Per gli austriacanti invece valevano molto le considerazioni economiche. È un frequente errore di parecchi letterati che vogliono fare i realisti, quello di attribuire una importanza determinante al tornaconto. Chi vive nella realtà economica sa invece quanti siano i fattori extra-economici che agiscono sugli uomini anche nel semplice campo economico.