36 Parte I - Considerazioni di oggi. — ginnasi e tecniche — si parlava anche dell’Italia letteraria, ma, per imposizione superiore, l’insegnamento della storia si arrestava alle soglie della Rivoluzione francese. Molto si sono lodate le scuole inedie comunali come fucina di italianità. E meritatamente. Non bisogna, però, neppur esagerare. Esse davano una eccellente coltura italiana e, siccome l’irredentismo, è anche un fatto colturale, in questo senso vi hanno innegabilmente contribuito. Ma le scuole medie italiane del Comune, vivendo nella preoccupazione costante di possibili misure governative contro di esse, dovevano abbondare in prudenza e cautela. E, poi — è un pessimo studente che parla — in molti professori, che avevano dovuto dare gli esami a Graz o a Vienna, la grammatica e la sintassi prendevano la mano sullo spirito delle opere che dovevano o volevano far apprezzare agli studenti, onde la imaginazione di costoro e la loro passione restavano inerti. Ricordo, a titolo di onore, alcuni nomi di professori che sapevano animare italianamente il loro insegnamento : fra tutti primissimo il Costantini, poi, fra i più giovani, Arnaldo Polacco, Celso Osti, Attilio Gentile, Piero Sticotti, e il Sabbadini. Ma la fiamma italianamente più fervida era il professore di religione, Don Giusto Tamaro, instancabile nel suo duplice ministero" di sacerdote e di irredentista, senza infingimenti e senza veli, aperto e chiaro, leale e generoso. Generoso anche con chi, come quello chi scrive, lo annoiava con obbiezioni frequenti e anche più frequenti monellerie. Ottimo italiano, ma più contenuto e freddo era stato il suo predecessore Artico: teologo più che apostolo. —Agli studenti, all’infuori dell’ottimo Cristofolini, i direttori del Liceo, che la mia generazione aveva conosciuto, erano apparsi piuttosto freddi: così il Vettach, che pure aveva avuto dei momenti coraggiosi, e sopratutto I’Adami. Degni di lode, per costante deferenza e simpatia verso il carattere italiano della città i piofessori di lingua e letteratura tedesca, fra i quali vanno ricordati in modo speciale il Wendlen-ner del Ginnasio e il dott. Suback dell’Accademia di commercio. Nelle scuole medie italiane mantenute dallo Stato, l’ambiente — parrà oggi strano — era molto più libero e vivace che