210 Parte I • Considerazioni di oggi. formatosi nel contatto col calor rosso della italianità. Ricordo di tentativi falliti e perciò poco irritanti. Il conte Sforza, dato il suo atteggiamento slavofilo, antimagiaro e antitedesco e anticlericale — dappoiché egli è un democratico progressista — deve rovesciare i rapporti effettivi al fine di sostenere la sua prestabilita tesi. In Les bâtisseurs de VEurope moderne (Parigi, 1931, pag. 24 e seg.), dopo un atto di accusa contro il predominio magiaro in Ungheria — pur ammettendo che « les seuls qui ne souffrirent pas trop d’une oppression hongroise furent les italiens » a Fiume — egli ascrive la rovina dell’Austria al tradimento di... Francesco Giuseppe verso la missione storica della sua casa, per aver egli, col dualismo, dato ai magiari, oltre che ai tedeschi, il comando, a ciascuno, su di una parte della monarchia. Vero è, invece, che la Monarchia si decompose per le sèmpre maggiori concessioni accordate agli slavi e per le tendenze dissolvitrici connesse alla politica dello slavofilo e anti-magiaro arciduca ereditario Francesco Ferdinando. Accanto a Francesco Giuseppe — di cui nessuno storico oggettivo (') mette in dubbio la consapevolezza degli intendimenti, della applicazione, e della dignitosa correttezza nei riguardi dei suoi doveri dinastici e che il conte Sforza invece deride come un « homme qui ne comprit rien aux devoirs suprêmes de sa mission »!! — l’ex-ministro degli esteri, mosso dal suo anticlericalismo, addita nel Vaticano e... nei Gesuiti... i corresponsabili del crollo dell’Austria. Ecco le sue parole : «François-Joseph conquit la paix personnelle en trahissant la mission même de la maison. Les Habsbourg eurent pendant des siècles une raison d’être en ceci: qui’ils furent, de \ ienne, les arbitres supérieurs et également impartiaux de toutes les races sujettes; avec le dualisme, François-Joseph admettait que deux administrations égales et constitutionnellement indépendantes. (1) Non possiamo comprendere fra gli studi storici spassionati la conferenza che Alessandro Luzio pronunciò, durante la guerra, su « Francesco Giuseppe e l’Italia» e che venne pubblicata a Milano nel 1917, perchè essa non poteva non risentire dei tempi e degli avvenimenti, nei quali erano in giuoco i destini d'Italia.