34 Parte I - Considerazioni di oggi. Accanto ai giornali, c’erano le molteplici irradiazioni personali di irredentismo. C’erano degli uomini, nei quali il fuoco del patriottismo diventava comunicativo ed elettrizzante come una fonte di calde emanazioni suggestive. Sulle folle, col fascino della loro parola, esercitavano una potente suggestione Attilio Hortis, Felice Venezian, Giorgio Pitacco. Fra il popolo avevano un largo seguito Carlo Banelli e Giovanni Menesini. Un’atmosfera di bontà e di appassionato amore italiano diffondeva attorno a sè Salvatore Segrè Sartorio. Negli ambienti intellettuali e nei contatti con personalità del Regno eccellevano Giuseppe Caprin, Riccardo Zampieri, Silvio Benco e Attilio Tamaro, mentre Teodoro Mayer si era specializzato nella politica delle relazioni segrete. Fra i giovani studenti godevano di notevole autorità Xydias e i due Suvich, Claudio e Fulvio. Fra la gioventù irredentista, in genere, raccoglievano le più vive simpatie Gastone Menicanti, Bruno Ferluga, Vittorio Fresco, per non accennare che ai più recenti e più instancabilmente attivi. Nella cerchia del partito liberale era riconosciuto come capo, dopo la morte di Felice Venezian, Camillo Ara. Nelle associazioni politico-sportive furono eminenti, per virtù d’impulso nazionale, Ettore Dau-rant, Cesare Piccoli, Napoleone Cozzi, il maestro Fumis, Nicolò Cobol. Fra i mazziniani fu preminente Angelo Scocchi. Molti altri nomi farebbero degna corona a questi, ma il citarli presenterebbe il pericolo di ingiuste lacune, mentre le indicazioni a titolo esemplificativo, appunto perchè esemplificative, prescindono volutamente da ogni pretesa di essere complete. D’altronde, il presente, è un volume di appunti e di sintesi — non è un lavoro storico che miri ad essere minuziosamente completo ('). (1) Dall’irredentismo non si usciva, tutt’al più si attenuavano le attività pubbliche. Con l’irredentismo non la si rompeva. Ci furono alcuni esodi: per conflitti con altri uomini del partito liberale, in taluni che per altro rimasero tendenzialmente italiani; per apostasia completa in pochissimi casi isolati. Di questi, il peggiore è offerto da Valentino Pittoni, il quale passato all’internazionalismo socialista, lo mise al servizio del governatore principe Hohenlohe, contro l’irredentismo e contro l’italianità di Trieste, per ambizione.