L’insoffocabilità dell'irredentismo. 113 del seguente tenore : « Ricordole che a tanti gradi di longitudine e di latitudine ecc. trovasi città denominata Trieste... ». Il destinatario, che era ed è un uomo superiore per spirito patriottico, ne rimane addolorato e offeso, ma risentì il pungolo. Quando, scoppiata la conflagrazione europea, il Tamaro venne a Roma, volle vederlo ed abbracciarlo ed io non ho più dimenticato la commovente scena fra l’illustre anziano e l’illustre giovane, ambidue memori e consci solo del loro dovere, della loro volontà di irredentisti. Un episodio, fra moltissimi. Il Tamaro non si inchinava dinanzi ad alcun rispetto umano nell’esecuzione di quello che egli considerava ed era il suo compito di ammonitore e di risve-gliatore del sentimento unitario. Egli redarguiva severamente uomini politici, diplomatici, giornalisti. Ma dove passava Tamaro, lì la causa dell'irredentismo faceva nuove reclute: reclute d’alta levatura, di molte influenze, chè egli non si curava della popolarità fra le masse. Perciò gli avversari della causa nazionale erano feroci di livore e di acredine contro Attilio Tamaro. In processi e comizi egli fu il bersaglio preferito dei socialisti austriacanti di Valentino Pittoni. del Lanza e dello Storchi. Egli ebbe l’onore di essere, fra gli scrittori dell’irredentismo adriatico, il più attaccato ed insultato dai traditori della causa adriatica e, in prima linea, dal loro istruttore Gaetano Salve-mini, che Luigi Federzoni, in piena Camera, definì un nazionalista slavo. Attilio Tamaro fu un po’ la calamita della maggior parte delle scariche anti-irredentistiche dell’ultimo decennio precedente alla guerra. Nel 1913, nella collezione di Cultura Nazionalista, diretta da E. Corradini e L. Federzoni, Attilio Tamaro pubblicò sotto il pseudonimo di « un italiano », uno scritto dei più franchi, espliciti, efficaci su «Il problema di Trieste nel momento attuale», che altro non era se non la proclamazione della necessità della guerra italiana all’Austria. Affermava il Tamaro con la consueta sua logica e la consueta sua lucidità : « (pag. 55) Se Trieste non potrà essere diplomaticamente ricongiunta alla Patria, occorreranno le armi. L’Austria dovrà cedere e potrà ce- 8