60 Parte I - Considerazioni di oggi. Lamberti fece si profonda impressione su alcuni giovani presenti alla rappresentazione che essi non ebbero pace finché non fu loro possibile di attuare in piccolo per Fiume quanto Mazzini aveva voluto fare per l’Italia. Luigi Cussar, Marco de Santi e Gino Sirola, ventenni, convocarono, per il 27 agosto, una trentina di giovani loro conoscenti, ai quali esposero il loro piano, che fu entusiasticamente accolto da tutti e così la Giovane Fiume ebbe vita. Quale scopo confessabile poteva avere un’associazione di giovani, per la massima parte studenti? Quello di coltivare il corpo e la mente: mens sana in corpore sano... E la piccola brigata si mise tosto, con zelo attivo a svolgere il suo programma con un’infaticabile opera di propaganda tra la gioventù di ogni classe, accogliendo un numero sempre maggiore di affiliati. Sotto il manto della coltura e dello sport la società andava organizzandosi : i giovani furono divisi in decurie, agli ordini di decurioni, scelti dal consiglio direttivo, i quali, a un cenno di esso, li radunavano pronti all’azione, ossia a dimostrazioni, più o meno platoniche, grida di evviva e di abbasso, fischi, urla, pugni e legnate. Non mancarono tentativi di esporre il tricolore. In tutti, però, era vivo il desiderio di alcunché di più serio. E l’occasione di menar le mani si presentò al principio del 1906 - (pag. 140). Al ritorno da un congresso di ginnasti nazionalisti slavi di tutta la monarchia, tenutosi a Zagabria, un gruppo di circa 600 di essi, inquadrati, passò per Fiume, attraversando la città a bandiere spiegate, intonando i loro inni di guerra, contenenti insulti e provocazioni (in uno c’era questo ritornello: «Picchia, picchia o falco! Tutti gli italiani sono ladri!»). La provocazione fu accolta: ne seguì una tempesta di randellate fra la Giovane Fiume e i «sokolistiì>, che n’ebbero la peggio e furono respinti al di là del ponte della fiumara, a Sussak, dove si vendicarono della sconfitta, infierendo sugli italiani inermi colà dimoranti, invadendo a mano armata le loro case, devastandole, malmenando le persone, non risparmiando nemmeno le donne e i bambini. Nè solo sui vivi si sfogò la loro matta bestialità : quella civilissima gioventù, entrata nel piccolo cimitero di Tersatto, ne abbattè le lapidi italiane! (pag. 142).