H NOTE l) Un momc di questo nome sovrasta Palazzo Adriano; su questo monte solevano gli abitanti della colonia salire ogni anno in II giugno, e, rivolti a l’oriente, cantare i versi seguenti : O e bùkura Moree, HL si tè tash mèè ngchè tè pee I H Atii kam u szotin tat, atiè kini u szonjèn mèmè, atii kim u t’im vlaa. O e bùkura Moree, si tè lash mèè ngchè tè pee.l • ■ O bella Morea, da che ti lasciai non ti vidi mai piii I Ho U il mio signor padre, ho U la mia signora madre, ho U il mio fratello. Il O bella Morea, da che ti lasciai non ti vidi mai più I In Piana si faceva lo stesso nei giorni di Pentecoste, salendo il monte della Pinata; dopo di aver visitata la chiesetta che sorge alle falde e che fu la primi che i padri nostri avessero edificata. 7* In Contessa F.ntellina ciò si faceva sulla montagna che oggi chiamano di S. Maria del bosco, verso i primi del mese di maggio; e in Mezzojuso sulla Brinja, a’ primi di giugno.—V. Crispi op. cit. Questi versi pieni di tenerezza per la patria perduta, nel tempo passato, allorché le memorie degli albanesi emigrati in Italia erano più vive, in Calabria facean parte delle Rusalle, o leste patrie antiche, celebrate nei giorni di Pasqua. Oggi il costume dura solo nel villaggio di Casalnuovo in Basilicata. All’ oriente di questo paese si eleva una collina, donde si vede il Mar Ionio. Ivi, quindici giorni prima del carnevale, le donzelle, dopo celebrato l’antico rito della fratellanza (motèrma) si riuniscono con bandiere, e, saluuto l’O-riente con la e bùkura OAoru, si dinno a far legna, e, tornate in paese, compiono il rito con lauto banchetto. V. Dorsa 77