Difese italiane e Massoneria. 201 io fui incaricato di far passi in proposito. Ora mi permetta di rilevare una espressione del suo telegramma. Ella sembra credere che la dissoluzione sia stata fatta per sentimenti clericali del Ministero. La questione non è clericale giacche nella Società disciolta vi erano parecchi preti e d'altra parte fra quelli che applaudirono alla dissoluzione vi è la stampa liberale tedesca dell'Austria. Il fatto è che la dissoluzione è dovuta a certe imprudenze ed alle tendenze irredentiste della detta Società a proposito delle quali il Governo Austro-Ungarico non ammette che noi siamo meglio informati di lui trattandosi di società esistenti in Austria. aV. E. mi rispondeva col telegramma seguente: Roma, 26 luglio 1890. — Riservato. Non ebbi mai in mente che Ella reclamasse a codesto Governo contro il decreto Pro Patria ed i giornali che lo scrissero fantasticarono. Nella mia lettera del 24 che non tarderà a ricevere Le ho dichiarato che ogni Governo entro i confini dello Stato ha pienissimo diritto e nessuno può ingerirsi negli atti dell'interna amministrazione. Lo scopo per il quale a V. E. mi diressi col telegramma e con la lettera fu d’informarla delle impressioni sentite in Italia dal decreto per lo scioglimento Pro Patria e del contegno e degli scopi dell’Associazione italiana Dante Alighieri che non mira alle Provincie italiane dell’Austria, ma estende la sua azione in tutti i Paesi nei quali sono Italiani, questa istituzione completa l’opera iniziata dal Governo con l'istituzione delle Scuole italiane all’estero. « Confermandole che io non posso fare dello scioglimento della Società Pro Patria e delle circostanze in cui si produsse l’oggetto d’una conversazione col conte Kalnoky, mi riservo però la prima volta che avrò occasione di vedere il conte Taaffe, senza entrare nel merito della questione, di fargli notare l’errore di fatto in cui cadde nelle considerazioni che precedono il decreto relativamente alle comunicazioni della Società Pro Patria con quella di Dante Alighieri di Roma; nonché intorno agli scopi di questa ultima. Ma questo errore è stato già rilevato da una parte della stampa, ed il miglior modo di metterlo in rilievo è quello di dare la maggiore pubblicità possibile alla lettera che in proposito fu diretta all’E. V. dal Consiglio Centrale della Società Dante Alighieri in Roma. Per quanto mi risulta da ogni fonte, il Vaticano ha potuto bensì compiacersi dell’accaduto come di cosa che possa nuocere alle buone relazioni tra i due Paesi; ma non ebbe, nessuna parte nella determinazione di cui si tratta. La questione ripeto non è clericale ma essenzialmente politica ed irredentista. « L'E. V. tocca nella sua lettera una quistione assai grave, quella della continuazione della alleanza dell'Italia con l'Austria-Ungheria, che sarebbe a di lei giudizio resa più diffìcile dalla cattiva impressione