Come si diventava irredentisti 63 nalizzazione. Due rudi colpi furono in quel mentre menati contro Fiume : l’introduzione della polizia di Stato e la legge sui forestieri, percui i non-cittadini di Fiume potevano essere banditi entro le 24 ore, per sempre, dalla città. La legge voleva colpire gli italiani del Regno e quelli della Venezia Giulia dimoranti a Fiume, dei quali si temeva che fomentassero l’irredentismo. Ma, come giustamente rileva il Gigante, per quanto riguarda i regnicoli (è nota la mentalità dell’italiano fuori dei confini, nell’anteguerra), quest’era una preoccupazione ingiustificata, perchè essi, in generale, salvo poche onorevoli eccezioni, si guardavano bene dal fraternizzare con gli irredentisti. I quali, intanto, sopra tutto i più giovani, i soci della Giovane Fiume, impazienti della resistenza passiva, che loro sembrava vigliaccheria, pensarono di compiere un qualche atto, col quale, facendo comprendere al governo che erano pronti anche a gesti disperati, lo mettessero in apprensione e lo inducessero a mutar sistema. E quello che era stato l’ideatore della Giovane Fiume, Luigi Cussar, accordatosi con due compagni (Francesco Drenik e Giorgio Gern-gross — si notino i nomi che testimoniano della possente virtù assimilatrice dell’italianità —), preparò un attentato rumoroso quanto innocuo. Una notte dell’ottobre 1913 essi collocarono una bomba presso l’archivio degli uffici governativi, allora naturalmente deserto. La bomba scoppiò con grave fracasso, sgretolò parte del muro del palazzo e infranse una gran quantità di vetri, ma non fece altro male. L’impressione che ne ebbero i circoli governativi fu enorme; la polizia si diede affannosamente alla ricerca dei colpevoli, facendo improvvise perquisizioni nelle case dei sospetti, senza però venir a capo di nulla. Ma il governo se ne valse di pretesto per inasprire la persecuzione contro quanto sapeva d’italiano. Dati i minimi danni causati dalla bomba e il nessun risultato delle ricerche poliziesche, non fu difficile (pag. 155) trovar credito alla voce, artificiosamente sparsa dagli interessati, che l’attentato non era altro che un trucco del governatore e dei suoi (( sicofanti ». Ciò che fu, involontariamente, un suggerimento dato ad essi. Infatti pochi mesi dopo, nel marzo 1914, il Wickenburg — per salire nella considerazione del suo