554 Parte II - Carte di ieri. sione, il modo (carta-moneta) con cui effettuare i versamenti sul prestito. Insomma, in Austria-Ungheria, la finanziazione della guerra, voltala e girala, è fatta di carta moneta. E all’Austria-Ungheria là guerra dovrebbe costare fra i 1,5 e 1,8 miliardi al mese. Mettiamo pure che i governi di Vienna e di Budapest riescano a ridurre al minimo di un miliardo al mese il costo della guerra. Durando il conflitto un anno, l’Austria si troverebbe di fronte (comprese le spese di riattamento, ricostituzione, indennità, pensioni, ecc.) ad un incremento del debito pubblico che probabilmente ammonterebbe ad una ventina di miliardi, ma che, volendo dimostrare alla monarchia degli Asburgo un eccesso di benevolenza, si può ridurre a 12 miliardi. Orbene, ognuno capisce che l’Austria-Ungheria non sarebbe capace di tollerare una simile inflazione della sua circolazione cartacea — nonostante la sottrazione alla circolazione della specie metallica — senza andar incontro ad un formidabile deprezzamento della sua valuta: molto al di là del 12-14 per cento di disagio, eh’essa soffre adesso in confronto alla carta-moneta italiana, e dal 17-20 per cento sull’oro. Ma l’Austria non avrà neppure la forza di sostenere, con tutti i mezzi della finanza ricorrente, il servizio d’interesse di un prestito di 12 miliardi: ossia una maggior spesa di circa 660 milioni all’anno. Specie, poi, se l’Austria uscirà dalla guerra diminuita territorialmente. Sarebbe la bancarotta sicura. Anche, ammettendo la non probabile ipotesi dell’integrità territoriale dell’Austria-Ungheria, anche accettando il calcolo ottimistico delle economie (300 milioni) e degli incrementi di entrata (250 milioni) fatto dagli autori austro-tedeschi dell’ opuscolo sulle « Oesterreichs Finanzen und der Krieg » non si riescirebbe a metter insieme il necessario per far fronte all’incremento delle spese causate dalla guerra. Qualcuno potrà parlare di un regime misto di prestiti e di moneta cartacea. Forse.... Ma il guaio grave è che le ipotesi ammesse prima sono quasi irrealizzabili e che l’unica cosa la quale tenga ancora insieme l’Austria è la burocrazia; quindi appaiono molto difficili politicamente le economie di 250 milioni da fare a spese della burocrazia austriaca, come vorrebbero Meisel e Spiethoff, per superare la crisi finanziaria della monarchia asburghese. Nè sarà facile Vintroduzione di nuove imposte, data l’assenza di un vero patriottismo austriaco. Del resto i corsi della rendita austriaca avvertono la bufera: si aggirano adesso intorno alle 66-67 corone per cento, ossia, tenuto conto del disaggio della valuta austriaca, alle 57 lire per cento corone di nominale.