V Austria e gli italiani adriatici. L’impero degli Asburgo attraversa un difficile quarto d’ora. Parlano della sua crisi i giornali di tutto il mondo, resi attenti dalle sconfitte della politica estera austro-ungarica e dal disagio della monarchia danubiana in seguito agli avvenimenti balcanici. Ma, si sa, le disfatte in politica estera toccano oggi a me e domani a te e molto spesso, per il continuo mutar degli eventi, son tutt’altro che fatali. Certo, la posizione, in cui l’Austria-Ungheria viene a trovarsi dopo il rimestamento balcanico non è delle più agevoli; certo, il nuovo assetto politico nei Balcani ha messo assai bruscamente la parola « fine » ad ogni velleità di imperialismo austro-ungarico, ad ogni ambizione di estensione territoriale verso il Levante, ad ogni piano di penetrazione più o meno pacifica nelle terre di Novi Bazar e di Macedonia. Col nuovo assetto politico nei Balcani è svanito il sogno di Salonicco, porto delTAustria-Ungheria. Tutto questo fallimento della politica estera della monarchia a.-u. — pur grave per la forte scossa data al prestigio internazionale ed interno dello Stato non autorizzerebbe ancora a parlare di una « crisi » austriaca. E parlando di « crisi » austriaca, soltanto per questa batosta di politica estera, i giornali errano... C’è una ben più grave crisi che travaglia la monarchia a.-u.: è la pericolosa malattia che distrugge il suo corpo: sorda ma lenta, essa colpisce l’Austria in tutte le sue membra, nei suoi organi più indispensabili. È lo sfacelo dell’« ancien Régime » austriaco, permanente ancora, nonostante la vernice del suffragio universale. Di questo sfacelo, di questo disfacimento dell’organismo interno, lo straniero che capiti nel cuore dell’Austria non s’accorge, o difficilmente se ne avvede. Appena dopo la lunga permanenza in tutte le parti della monarchia, appena dopo attenta ed acuta osservazione della vita in Austria-Ungheria si avvertono i segni di questa decomposizione. È perciò merito non piccolo quello di un sereno giornalista italiano, Virginio Gayda, di aver studiato con occhio di medico, di aver analizzato con precisione Dalla « Rivista Popolare » di Napoleone Colajanni, Roma, 31 luglio 1913. 36