264 Parte I * Considerazioni di oggi. ma: — E’ tutto un conserto di calunnie e menzogne! — Io lo ricordo. Ricordo l’uomo il quale trova l’energia della verità, della sincerità contro l’insidia, contro l’infamia e dà, di questa verità e di questa sincerità, il convincimento sicuro a coloro che ascoltano. Sorge il P. M. ; è il conte Gleispach, che doveva essere poi ministro di Grazia e Giustizia a Vienna, e dice, rivolto al presidente, esterrefatto dalle parole di Giacomo Venezian : — Io rinunzio a questa specie di prova! — Il Presidente, di malo umore, gli replica: «Lei è troppo nobile!» Ma la verità, ma la sincerità, ma lo sdegno, fiero e non smentito di Giacomo Venezian, bastarono a schiacciare la prova mentita. E quella scena sarà la ragione prima del verdetto di assoluzione che, poche ore dopo, i giurati tedeschi di Graz pronunzieranno a suo riguardo e dei suoi compagni; affermeranno essi che, se sono tedeschi, non sono uomini i quali vogliono prestarsi a fare da carnefici alla politica di Vienna. Vorrei ancora dirvi, e vi è ancora qui un testimonio che potrebbe ricordare, le parole di Giacomo Venezian quando era negli ambulatori della Corte in attesa del verdetto; e si diceva che potevano essere 10 o 20 anni di reclusione, perchè era doppio il capo di imputazione : perturbazione della tranquillità ed alto tradimento. Egli ripeteva una frase che qui non posso rendere in tutto il suo significato, una frase del dialetto : vi erano nelle nostre contrade certe rivendite di cialdoni che per fare reclame al loro prodotto dicevano: più se ne mangia e più se ne mangerebbe. Giacomo Venezian ripeteva in quell’ora la frase: anni di più o di meno importano poco : Chi magna un magna dò! Egli fu assolto e il capo giurato Volfango Tripold volle, prima che con i suoi compagni abbandonasse la città di Graz, vederlo e fargli un discorso paterno, che si chiudeva così : Pensare quel che si vuole, parlare poco, scrivere nulla! Ma Giacomo Venezian dal capo dei suoi giurati assolutori non poteva accettare il paterno suggerimento». Ma veniamo all’epoca nostra, a quella, cioè, che immediatamente precedette alla grande guerra. Un osservatore diligente