428 Parte II - Carte di ieri. attivi scambi di merci preziose, acquistandole a vii prezzo là dove in abbondanza si producevano per venderle a condizioni assai rimunerative là dove erano molto richieste. Prosperavano allora le industrie (fra le quali eccellevano quelle della ceramica e della lana); sagge leggi disciplinavano lo sfruttamento delle foreste carsiche, affinchè un taglio razionale le preservasse dall’esaurimento; dalle cave si traevano pietre apprezzate. La vicinanza della « seconda Roma », di Aquileja, uno dei maggiori centri del mondo antico, conferiva pure a Trieste notevoli coefficienti di prosperità economica. Da parte di terra, le comunicazioni con Trieste erano facilitate da un ben sistemato ed organico complesso di strade, di cui tre aventi particolare importanza; quella con Vlstria meridionale, quella, attraverso il Monte Spaccato, per il settentrione e, sopratutto, quella con Aquileja, punto di congiungimento delle grandi vie militari e commerciali. Da Cattinara partiva una via commerciale per Lubiana, che poi, seguendo il corso della Sava, della Drava e della Mur, conduceva al Danubio. Così Trieste era legata da una rete di comode strade con tutta VItalia e con TEuropa centrale. Sotto Roma, Trieste ebbe uno dei suoi periodi più belli; fu ricca, fu rispettata, fu intraprendente, fu, per quei tempi, abbastanza popolosa. Quanti abitanti contasse allora, non lo si può dire con precisione, ma non dovevano esser pochi, se la città aveva creduto di poter concedersi il lusso di un teatro capace di sei mila persone. A rifornire d’acqua la città, poi, si era provveduto con larghezza di idee e opere ardite: l’acqua veniva raccolta a sette miglia di distanza, nei pressi del castello di Moccò, e convogliata in città mediante un acquedotto solido e di geniale fattura. Monumenti, edifici e ville ornavano la città, nel cui Foro s’ergeva, pegno di gratitudine e di fede, la statua dorata di Fabio Severo, triestino, senatore di Roma all’epoca di Antonino Pio. Nei primi tempi della decadenza di Roma, Trieste, lontana dai luoghi dei rivolgimenti, non ebbe a soffrir danni. Essa, che faceva parte della « regio decima Italiae », estendeva la sua giurisdizione sulla così detta «Repubblica tergestinay>, che, in Trieste avendo origine, abbracciava tutta quella zona di terre, la quale da Duino va alle Alpi Giulie e da Fiume s’allarga sino a Vipacco. Ma ben presto, alla sventura di Roma seguirono le sciagure di Trieste: perdette la città i suoi territori, con non indifferente pregiudizio economico; calarono in Italia i barbari ed i commerci di Trieste risentirono i tristi effetti delle generali devastazioni, sebbene da devastazioni la piazza stessa fosse risparmiata. Sotto Teodorico vi fu risveglio commerciale a Trieste. Però di corta durata, chè i Longobardi, con Alboino alla testa, calando giù dal monte Re, misero a ferro e a fuoco la città. Allontanatisi i barbari distruttori, la città fu rifabbricata. Poi vi fu un’altra invasione barba-