Come si diventava irredentisti 47 dove penetra. Anche oggi a Trieste questa fusione si compie quotidianamente. I tedeschi vi giungono e vi si impiantano senza pensieri di conquista, guidati solo dal proposito calmo, solido, organico di lavoro, così tipico della loro razza intelligente e operosa. Amano e cercano le compagnie italiane : i loro figli sanno già parlare perfettamente l’italiano e si schierano come « simpatizzanti » dalla parte degli italiani; i loro nipoti sono già talvolta degli italiani dal cuore fiammante e combattivo ». Del resto, non è inutile ricordare, a titolo di esempio, uno fra i moltissimi, che fra i più forti patriotti di Trieste, agitatore, deputato, vice-presidente del Consiglio Comunale, fu Francesco Hermet, il quale — come ricorda l’iscrizione funebre — nacque a Vienna il 30 novembre 1811 da Paolo Hermet e da Maria Marcar-Hoggenz, nomi evidentemente non italianissimi. Invece, la lapide, collocata sullo scalone de! palazzo civico, lo addita, ad esempio, «difensore costante dei diritti e della civiltà di Trieste ». Se questo è uno degli esempi maggiori, non privi di poesia sono anche quelli minori. Recentemente, in una riunione di vecchi irredentisti, a Trieste, uno strenuo lottatore della vigilia, un organizzatore di manifestazioni irredentistiche, il Lupetina ricordava l’episodio del giovane Maderschi, allora, se ben ricordo, Madersich, di famiglia allogena. Il padre era postino austriaco. Il giovane era irredentista. Egli ricevette l’incarico di distribuire dei manifestini incriminabili. Fu colto sul fatto. Fu minacciato, lungamente detenuto, perchè si voleva strappargli la confessione dei mandanti. Non si tradì e non tradì nessuno, neppure sotto la minaccia di gravi conseguenze per il padre suo, che del posto dello Stato unicamente viveva. La nobiltà dell’animo del giovanetto non può non commuovere. E finì col commuovere anche i giudici inquirenti. Per comprendere meglio il fenomeno delle virtù italianiz-zatrici dell’ambiente triestino, per inquadrarle nel complesso delle forze della italianità, non sarà inutile ricordare che esso non è una manifestazione peculiare alla città adriatica. Non a Trieste, soltanto, l’italiano è stato il risultato di una auto-forma-