La guerra, l’intervento e la pace. 339 il principe di Bùlow, uomo colto e fine, mi osservò — a oropo-sito di Trieste Stato libero — che non erano tanto lontani i precedenti delle annessioni nel 1859-60». La risposta arrivò il 17 aprile: solo il Trentino e neppure la esecuzione immediata. Vennero respinte. Il 7 maggio Tisza scriveva a Burian: «Si potrebbe lusingare l’Italia, entrando a discutere sul terreno delle concessioni da farsi nell’Adriatico orientale e adescare la Romania con offerte territoriali in Transilvania e in Bucovina, tanto il valore di queste promesse estorte con le minaccie è giuridicamente nullo, mentre pone questi due Stati in cattiva luce presso l’Intesa. L’esito della guerra deciderà anche del valore di queste concessioni che siamo obbligati a promettere col coltello alla gola» (lettera pubblicata nel febbraio 1929 dal giornale Az Est di Budapest). Con bella franchezza e con chiara onestà il Salandra, a proposito del Patto di Londra che successivamente venne concluso con l’Intesa, ammette (pag. 194) che « Sonnino ed io non possiamo esimerci dalla responsabilità dell’abbandono di Fiume. Noi intendevamo lasciare alle popolazioni retrostanti larga possibilità di sbocchi commerciali in Adriatico. Fra questi primeggiava, si poteva anzi dire unico porto modernamente attrezzato, quello di Fiume. In Italia in quel tempo (ma ciò non era vero che solo per la massoneria) non si annoverava Fiume fra i fini della guerra ('). Tuttavia sentimmo che il nostro era un sacrifizio; ma deliberatamente reputammo di doverlo fare per conseguire d’altra parte il non disputabile predominio militare (nella Dalmazia settentrionale). Al posto stesso di Fiume si assicurava una larga zona di retroterra che non poteva trovare in Italia. (1) È stato rilevato da G. Benedetti (« La pace di Fiume », Bologna, 1924, pag. 11) che, quand« scoppiò la guerra mondiale, in Italia si facevano ancora parecchie riserve sulla sorte di Fiume. Alla causa di Fiume nuoceva la buona fama e la simpatia che l’Ungheria ancor sempre godeva in Italia; da una parte si viveva nell’illusione che essa fosse ancor sempre antiaustriaca, come nel ’48, e che quindi l’italianità di Fiume non corresse pericoli; dall’altra, per un’eventuale azione contro l’Austria si contava sull’appoggio ungherese. E’ questo forse il motivo per cui difficilmente riusciva ai fiumani, prima dello scoppio della guerra, denunziare all’opinione pubblica italiana il martirio della loro città ». Ma è d’uopo ricordare, a