Un imperatore, un arciduca e un maresciallo. 219 L’episodio che illustra meglio la lealtà di Aehrenthal verso l’Italia è più o meno -noto : Nel 1911, il capo dello Stato Maggiore austriaco, Conrad von Hoetzendorf, cercò con ogni mezzo di strappare una dichiarazione di guerra immediata contro Vltalia. Da lunghi mesi Conrad non viveva che per la sua grande idea : con una abilità che non avrebbero avuto i Gesuiti di Pascal, aveva creato un complesso di prove che avrebbero dovuto dimostrare all’imperatore che si sarebbe trattato di una guerra difensiva dato che un giorno o l’altro l’Italia avrebbe finito per trovarsi fatalmente di fronte all’Austria. Nelle conversazioni confidenziali Conrad andava anche più oltre : — Noi fummo degli idioti, dichiarò un giorno a un gruppo di ufficiali, di non saltare addosso all’Italia durante il terremoto di Messina; Dio ci invia una seconda possibilità; guai a noi se non ne approfittiamo. Solo Aehrenthal non cambiò la sua opinione; egli dichiarò che non associerebbe mai il suo nome a una politica di brigantaggio. Egli ripetè questa frase a tutti quelli, che anche dalle più alte posizioni cercavano di piegarlo ai piani di Con rad. Francesco Giuseppe non era mai stato abituato a delle definizioni così chiare; e alla fine del 1911 egli si mise nettamente dalla parte di Aehrenthal. Conrad fu invitato a rassegnare le dimissioni. Ma il fatto che la sgradevole domanda venne formulata, contro le consuetudini, dell’imperatore stesso in un’udienza accordata al generale il 30 novembre, ci autorizzava pensare che il merito principale di questo atto di lealtà spetta più al ministro che al sovrano, il quale, subito dopo la morte di Aehrenthal, nel 1912, nominò nuovamente Conrad von Hoetzendorf capo di Stato Maggiore ». Vivo o morto, I’arciduca Francesco Ferdinando, di infausta memoria, era destinato a mettere l’Austria e l’Europa in convulsioni. La sua politica non era un estremo tentativo di salvataggio di un organismo declinante — il quale era tutt’altro che in condizioni di sfacelo, come è risultato poi dalla mirabile capacità aggressiva e dalla forza di resistenza in una terribile guerra su tre fronti — ma un costante giuoco isterico con bombe e fiammiferi in una polveriera. Le lettere che sono venute alla luce rivelano in Francesco Ferdinando un pericoloso squilibrato.