376 Parte 1 ■ Considerazioni di oggi. tore austriaco di benedire gli eserciti alleati di Francesco Giuseppe, il Padre comune di tutti i fedeli rispondesse severamente: «Io benedico la pace e non la guerra!». Il due agosto, festa del Perdono di Assisi, Pio X diramava col mezzo della stampa, la 6eguente esortazione ai cattolici di tutto il mondo : « Mentre quasi tutta l’Europa è travolta nell’abisso di una funestissima guerra, ai cui pericoli, stragi e micidiali conseguenze nessuno può pensare senza sentirsi oppresso dal dolore e dallo spavento, anche Noi non possiamo non esserne terribilmente afflitti e straziati nell’animo da un’ineffabile tristezza, solleciti come dobbiamo essere della salute e della vita di tanti e tanti popoli. In mezzo a questo rivolgimento e a questa minaccia di tutte le cose, Noi sentiamo profondamente e comprendiamo assai bene che la Nostra paterna carità e il Nostro apostolico ministero ci impongono di dirigere gli animi di tutti i fedeli verso l’alto donde solo può venire l’aiuto; verso Cristo, cioè, il Principe della pace e onnipotente Mediatore fra Dio e gli uomini. Perciò noi esortiamo tutti i cattolici del mondo e in modo particolare gli ecclesiastici e i religiosi ad avvicinarsi a questo trono di grazia e di misericordia; lasciando ai Vescovi di imporre a ciascuna diocesi pubbliche preghiere, affinchè il misericordioso Iddio, quasi pio-rum praecibus fatigatus, mosso a pietà dalle insistenti suppliche dei buoni, allontani al più presto i funesti incendi della guerra e inspiri, benigno, ai reggitori delle nazioni, pensieri di pace e non di afflizione (Acta Ap. Sed., Ili, 373). Tutti i vescovi e prelati che in quei giorni tristi visitavano il Santo Padre rimanevano colpiti da quel suo dolore e portavano seco l’angoscioso invito a intensificare preghiere e a promuovere crociate di penitenza, perchè venisse allontanato o almeno mitigato il disastro. Particolarmente i seminaristi dei collegi esteri, residenti in Roma e richiamati in patria dai rispettivi Governi, potevano essere testimoni di quella profonda ambascia e sentire riversarsi su loro la sua paterna tenerezza, nell’atto che li benediceva e li incoraggiava al duro sacrifizio. Ed eccoci all’ultima ora del grande Pontefice. Il prof. Marchìafava, in una intervista concessa al Corriere d’Italia (21 agosto 1914) e divenuta famosa,