250 Parte I - Considerazioni di oggi. momenti difficili proprio a causa dei medesimi decreti. In quella emozionante storia della guerra vissuta e veduta da Trieste, la quale resterà un documento politico e psicologico del maggior interesse, anche peri posteri, oltre che essere un finissimo gioiello letterario (Cfr. Silvio Benco: Gli ultimi anni della dominazione austriaca a Trieste, Milano 1919, Casa editrice Risorgimento, voi. I, pag. 128 e segg.) narra che nel dicembre 1914, celebrandosi il 66° anno di regno di Francesco Giuseppe con la giornata del soldato, ogni cittadino doveva comperare un emblema, un ciondolo per recare un obolo alla raccolta dei doni di Natale da inviarsi all’esercito. « Perchè in tale giornata — si chiede il Benco — era così tetro il principe di Hohenlohe, governatore della provincia? La principessa era stata ferita quel giorno nel suo orgoglio di donna e nel suo amor proprio di presidentessa del Comitato per il Natale dei soldati. Col sorriso sul labbro, con la gentile dignità del suo grado, era mossa ad offrire fiori ed emblemi ai crocchi di cittadini che sostavano all’angolo della Borsa. Avevano tutti ricusato. — Fa lo stesso — aveva la signora soggiunto, mordendo la sua puntura. Il principe Hohenlohe si vedeva come una delle prime vittime designate : già a Vienna, ricordando i famosi decreti che avevano dato uno strappo ai buoni rapporti con l’Italia, lo si accusava di aver riarmato contro l’Austria lo spirito della nazione italiana. Era denunziato responsabile della situazione gravida di tempesta. Se un capro espiatorio fosse bisognato a scongiurare l’uragano, sarebbe stato lui. Si parlottava del suo ritiro». Sull’ingiustizia toccata al principe Hohenlohe versa amare lacrime lo storico slaveggiante dell’antirredentismo, il Mitochi (op. cit., pag. 87): «Quando nella primavera 1915 il virile e moderno governatore di Trieste principe Corrado Hohenlohe venne richiamato dal suo posto, si riseppe da tutti che egli era caduto vittima del malumore italiano e delle complicazioni che minacciavano sempre più seriamente i rapporti italo-austriaci. Anche il principe Hohenlohe aveva dovuto, sul suolo di Trieste, capitolare dinanzi allo spirito invisibile ivi onnipotente: l’irredentismo ».