Hohenlohe e gli slavi. 247 scoppio della guerra, nella mia qualità di presidente della Cooperativa di consumo degli impiegati e, in tale veste, membro d’ufficio della Commissione per gli approvvigionamenti, potei ricevere regolare passaporto per recarmi nel Regno e così poterono riceverlo mia moglie e mio figlio per raggiungermi successivamente a Roma, essendo io ivi... caduto ammalato. Non occorre aggiungere che non un chilo di viveri fu da me procurato alla Commissione per gli approvvigionamenti, nè ad alcun altro... La verità è che i triestini, gli irredentisti triestini non volevano accordi di nessun genere con i loro i.-r. Governatori, per quanto cordiali ed amabili essi fossero. Nel dianzi citato articolo di Silvio Benco, questo stato d’animo è messo bene in luce dalla magistrale penna dell’illustre scrittore irredentista : « Il principe Hohenlohe, nonostante la sua cattiva fama, e il barone Fries-Skene, cui toccò la disgrazia di essere mandato a Trieste quando la guerra esigeva faccia brusca, mentre la sua vocazione sarebbe stata l’opposto, erano uomini di mondo, e l’amabilità faceva parte del loro gioco politico. Io non li conobbi mai personalmente, perchè riuscii sempre ad evitare una presentazione. L’unico Luogotenente austriaco che conobbi, molti anni prima, ma quando già egli non era più in carica, fu quel singolare barone Rinaldini, italiano, che, non appena allontanato dall’alto suo posto, incominciò a frequentare gli uomini del Partito Nazionale e avrebbe anche accettato una candidatura politica d’opposizione. Ma c’erano stati, ben s’intende, anche i luogotenenti imperiali di tipo arcigno, i funzionari rigidi e duri : e con questi non sarebbe stato possibile il parlare d’irredentismo troppo allegramente. Il principe Hohenlohe avrebbe anche lasciato dir tutto: ma il corrispettivo sarebbe stato lasciargli far tutto. Il Partito Nazionale preferì disarmare fino dai primi giorni l’amabilità con la quale si presentava il nuovo Luogotenente, e ben presto poi lo fece montare in furore per l’ostentata sgarbatezza, con cui, facendo in modo che non lo si invitasse, lo teneva lontano da ogni sorta di avvenimenti pubblici, anche non politici. Talvolta, veramente, gli capitarono cose difficili da trangugiare: non per sè, diceva; ma «come rappresentante di S. M.