Il panslavismo in azione. (Speranze e ideali del popolo serbo dopo la guerra vittoriosa) Belgrado, gennaio 1914. — La frontiera è passata. Ma chi può far distinzione fra Serbia e Slavonia? Il gran mantello bianco che copre ogni terra slava non mostra d’accorgersi che c’è qualche cosa che vuole divise le due regioni. Dovunque neve, candidissima neve; sempre lo stesso paesaggio. Solo il modo di esprimersi della gente muta, passato il confine. Prima erano guardinghi, riservati. Nel treno parlavano ancora della guerra balcanica, gioivano ancora con viva esultanza dei trionfi serbi, ma non azzardavano certe frasi un po’ troppo poco rispettose ed amabili per lo Stato nel quale si era. Ma quando fu finito il triplice minuzioso esame del passaporto d’uscita ed il treno si slanciò sul territorio serbo, scoppiò fra gli slavi che affollavano i vagoni, una salva di esclamazioni imprecanti: «È il tintore che fa prender loro tante precauzioni — si diceva da tutte le parti — è il fatto che lo slavismo si è destato«., «È inutile esaminare le carte degli uomini, sono gli animi che fanno il contrabbando politico! ». E indi un gran parlare, vociando, dei sogni slavi; delle speranze panslaviste : « libertà », « patriottismo », « entusiasmo », erano le parole che incessantemente si ripetevano. Nel mio compartimento c’erano slavi di Bosnia, di Croazia e di Serbia. Ognuno raccontava dei progressi meravigliosi del serbiamo nelle sue terre : tutti parlavano del sogno di un gran regno jugoslavo. « Da noi si son fatte grandi sottoscrizioni per la Croce Rossa serba — diceva un bosniaco —, ma il Governo provinciale ce le ha sequestrate ed ha condannato per giunta ad una multa di 200 corone il cassiere». «Da noi — aggiungeva un croato — le dimostrazioni panserbe hanno assunto un’estensione incredibile. Si bandiscono giornalmente serbi e si arrestano sudditi ungheresi rei di serbismo. ma il movimento procede.». «Da noi — concludeva un dalmata — furono sciolte molte ragguardevoli rappresentanze comunali, perchè troppo apertamente serbo file ». Dal “ Piccolo della Sera „ del 15 gennaio 1914.