Alla luce dell’oggettività storica, la questione dei decreti del Governatore di Trieste, principe Corrado Hohenlohe di Schilling-fiirst, che tanto commossero gli animi dei cittadini di Trieste e di tutti gli italiani del Regno, è molto semplice : il Governo austriaco si trovava sostanzialmente e formalmente dalla parte della ragione, pur arrecando una rude, inutile, sciocca offesa al sentimento italiano. Non v’ha dubbio che il Comune e le aziende comunali, assumendo anche alcuni impiegati regnicoli, cioè italiani cittadini del Regno, non sudditi austriaci, aveva esorbitato. Questi impiegati regnicoli non costituivano alcun pericolo per l’Austria, perchè, appunto per la loro posizione irregolare, dovevano avere più cura degli altri impiegati di non commettere alcuna infrazione contro le leggi e di non incappare nell’attenzione delle autorità dello Stato. In genere, poi, nelle terre irredente, gli italiani regnicoli erano utili come apporto demografico alla massa parlante italiano, ma per là lotta politica era come se fossero inesistenti, salvo alcune poche onorevoli eccezioni. Le autorità di sorveglianza austriache avrebbero potuto togliere di mezzo, senza scalpore, la irregolarità del personale — dal punto di vista loro — «estero» del Comune, imponendo e accordando la sudditanza austriaca ai detti impiegati, oppure chiedendone l’eliminazione singolarmente con un pensionamento di una certa larghezza. Invece il Governatore, più che la sostanza della eliminazione di pochi innocui impiegati, volle dare un rumoroso schiaffo all’amministrazione italiana del Comune. Senonchè lo schiaffo non si arrestò sulla faccia locale, ma per la pronta, efficace impostazione della reazione triestina, andò a 16