Il « mito » massonico. 147 colo dell’A. nella Idea Nazionale del 7 febbraio 1915, riprodotto nella seconda parte del presente volume). Ma lasciamo da parte la questione della più o meno felice impostazione dei problemi e delle necessità nazionali nel Patto di Londra, per considerare ancora un momento il vero e proprio tradimento massonico nei confronti delle rivendicazioni adria-tiche. demmo nei suoi occhi l’ineffabile gioia di chi ha già fatto la grande rinunzia. Ne tremammo. Ma egli sorrise beato. S’era già tutto dedito alla Morte ». « Lo sappiamo. La sventura degli irredenti è niente, davanti alla sventura dell’Italia intera. Non vogliamo diminuire noi stessi parlando di noi in-questo momento. «La querula tutela dei propri sentimenti, dei propri ideali e dei propri interessi, che con tanto ardore, con tanta sapienza, con tanta tenacia hanno fatto in questa crisi coloro, i quali avevano da difendere oro male acquistato e mantenere rancori turpemente concepiti, non la riprenderemo noi, che abbiamo le nostre famiglie in baña della brutalità austriaca, le nostre città riconsacrate per sempre alla servitù straniera, le nostre terre perdute definitivamente per noi, per la nostra Patria, per la nostra razza. « Oggi, come sempre, ci perdiamo fra gli Italiani. Non abbiamo chiesto mai nulla. Quando i nostri padri, quando noi lottavamo, disprezzati e misconosciuti, per mantenere italiane le nostre terre; quando fra l'indifferenza e Vabbiezione dell’Italia, con animo fidente e superbo, affermavamo i diritti e la forza della nostra razza contro il duplice assalto straniero, noi non sentivamo di sostenere una italianità locale o regionale: sentivamo di combattere per l’Italia e per l’avvenire degli Italiani; e continuavamo con lieto orgoglio la nostra lugubre battaglia per mantenere alia Nazione, che ci ignorava, i suoi confini, i suoi porti e il suo mare. E quando giunse finalmente l’ora della speranza, la creduta vigilia della guerra liberatrice, noi, che avremmo potuto facilmente cingerci della corona del martirio e acquistarci davanti ai presenti ed ai posteri la gloria di antesignani; noi che ci sentivamo tranquillamente l’animo di farlo perchè la lunga sventura e la lunga guerra se ci ha insegnato a essere sempre freddi e sereni, ci ha insegnato anche che l’onore vale più della vita e la Patria è più vasta del nulla, noi non lo facemmo. Non lo facemmo perchè il bene d’Italia voleva l’attesa e la pazienza e la disciplina; perchè il giorno nel quale avemmo la promessa solenne della guerra, ci sentimmo le-