304 c r. Governo di Vienna da sei deputati slavi nella seduta del 12 marzo 1892 della Dieta provinciale dell’Istria «per la liturgia slava» e agli articoli dell’austriacante «Eco del Litorale» di Gorizia Mons. Giovanni Sirotti (vivente) - già direttore del Seminario piccolo di Capodistria, poi Amministratore Apostolico di Gorizia, ora Vicario generale di Larino, fu sempre fiero difensore dell’italianità prima degli alunni a lui affidati, poi dei fedeli a lui commessi. Sebbene non abbiano diretto riferimento col contenuto del capitolo che precede, pure, per la luce che proiettano sulle relazioni fra autorità ecclesiastica e sentimenti italiani della popolazione, meritano di essere qui riprodotte le seguenti constatazioni contenute nel pregevolissimo volume di Attimo Tamaro: «Trieste», edito nella Collezione delle storie municipali d’Italia diretta da R. Cacgese e A. Malatesta (Roma, 1930, Tiber, pag. 14 e seguenti). La città non diventò fendo del vescovo, nè questi fu mai dominila Tergesti, nè portò mai altro simile titolo di signoria: mai quello di conte. La Chiesa, già fatta potente con donazioni e privilegi, ebbe la diretta rappresentanza del re di fronte alla città ed esercitò, per mezzo dei suoi uomini, le funzioni giudiziarie militari e fiscali spettanti al governo regio. Nulla fu modificato nella struttura interna della città, i cui uomini ebbero ancora così larga sfera autonoma da poter accettare per proprio conto, fuori d’ogni responsabilità del vescovo e del Regno, obblighi verso un’altra potenza straniera, cioè verso Venezia. Nessun vincolo feudale legò i triestini (salvo investiture individuali) al vescovo. Costui, in quel tempo (e così per tutto il secolo X e oltre), era ancora eletto da] clero e dal popolo: doveva sentirsi quindi creatura del corpo della civitas e rappresentante d’interessi cittadini; doveva trarre i suoi vicedomini e gli altri funzionari da quegli ambienti cittadini, a cui spesso apparteneva per nascita e parentela e da cui, in ogni caso, usciva per salire sulla cattedra. La libera elezione del vescovo, loro signore in rappresentanza del re, è il pili tipico tratto del carattere cittadino del governo vescovile. La città stessa, non dipendendo nè dai marchesi, nè dai conti istituiti nel Friuli e nellTstria, ma, attraverso il vescovo, dal suo re, si trovava in una posizione tutta particolare, separata dalle terre vicine. Il che do-