120 c A pagina 110 è ricordata la Lega degli impiegati civili. Dato il larghissimo contributo della categoria impiegatizia al movimento unitario, l’attività di questa organizzazione sindacale bensì, ma eminentemente nazionale, merita una citazione maggiore di quella che non sia un semplice nome. Precorrendo i tempi, la Lega degli impiegati, pur non trascurando la tutela degli interessi di gruppo e quelli singoli degli associati, pose in primissima linea i compiti culturali e la difesa della italianità. La Lega degli impiegati si prefisse sin dal principio di : 1) estendere la cultura degli associati con conferenze, scuole serali, biblioteche, riunioni. In breve tempo, la Lega che contava un numero di circa quattromila associati, riuscì a dar vita ad una Scuola Serale Commerciale, frequentata da circa 400-500 iscritti; 2) mandare i migliori studenti all’estero, perchè si perfezionassero nelle lingue straniere, onde evitare di far venire a Trieste dei corrispondenti allogeni. A questa azione dava appoggio generoso il presidente della Lega Nazionale, Riccardo PlTTERI ; 3) svolgere in ogni occasione attività politica, per rafforzare la lotta in favore dell’italianità di Trieste, appoggiando la campagna per l’Università italiana a Trieste, e tutte le agitazioni che in nome di quella lotta ininterrottamente si sferravano a Trieste, tendere con tutti gli sforzi ad impedire la snazionalizzazione della città, tenere desto il sentimento e l’orgoglio italiano della categoria, attraverso il giornale «Il Diritto» organo della Lega. La «Lega» aveva nel Consiglio Comunale la sua rappresentanza, in seno alla maggioranza nazionale. La Lega degli impiegati attraverso la sua stessa attività riusciva a neutralizzare prima ed italianizzare poi, gli impiegati di altre nazionalità che venivano a svolgere la loro attività a Trieste. Un grande animatore della Lega degli impiegati civili fu l’ing. Giovanni Menesini, presidente, coadiuvato dal dott. Vittorio Se a m picchio, da Marcf.llo Marass, ing. Buffulini, Guido de Socher, Riccardo Mario Levi, Gustavo Comici, Carmelo Lucatelli, e varii altri. La morte della Società non