— 91 — tura il numero romano assegnato alla misura stessa nella preventiva divisione dei formati, dando poi al libro un numero successivo di catena, che dall’unità procede in ciascun formato progressivamente: A. I, 1, A. I, 2....; A. II, 1; A. II, 2;....; B. I, 1; B. II, 2;....; B. II, 1; B. II, 2;.... ecc. Questi sistemi hanno tutti il vantaggio di non essere chiusi, ma suscettibili di modificazioni e di aumento, colla semplice adozione di un’altra lettera o di un altro numero, per le nuove sezioni di materiale. Ad ogni libro si appone un cartellino sul dorso e uno sul piatto interno superiore della legatura, possibilmente di colore diverso, da materia a materia: anzi per qualche sezione complessa come la letteratura amena, diverso anche per le singole suddivisioni. I periodici e le continuazioni vanno collocati a parte e registrati via via sui relativi schedoni: gli opuscoli (non più di 100 pagine) uniti nei vari formati in buste o legature mobili (da 10 a 15 in ciascuna). 7. — LA SCHEDATURA Ogni libro viene rappresentato in biblioteca da una scheda che ne rileva tutti gli elementi atti ad identificarlo, in successione genetica e logica: autore (cognome e nome), cioè la paternità; titolo, cioè il contenuto, note tipografiche, ossia luogo e anno di nascita (di edizione e di stampa, coi nomi dell’editore e dello stampatore); note bibliografiche, cioè descrittive del libro stesso come realtà materiale: numero dei volumi, formato, numero delle pagine, tavole, o illustrazioni. In origine la parola scheda, derivata da un verbo greco, significò lo strato piano risultante dai fogli di papiro tagliati in liste sottilissime e sovrapposti per la formazione del foglio: poi la lista sola, il foglio stesso; e nel linguaggio librario romano e medievale una colonna del testo. La logicità della