— 27 — l’accennato Calendario del Regiomontano stampato a Venezia nel 1476 dal Ratdolt) : dai fregi e dalle riquadrature silografiche si passa poi ai monumentali e complessi frontespizi del Seicento, ricchi di incisioni architettoniche, con elementi e figurazioni araldiche: poi nel Settecento il Bodoni col suo gusto insuperato lo ricondusse alle severe linee classiche e a quella semplicità tipografica che ancor oggi domina. Nel frontespizio fra il titolo e le note editoriali si ha quasi sempre \m,insegna tipografica che è come il marchio di fabbrica, che contrassegna l’opera di un dato editore o stampatore. Derivata dalla filigrana della carta, di cui si è già parlato, fu da principio lo stemma degli editori stessi (forma araldica), specialmente in Germania; poi da noi una specie di suggello assai semplice (circolo, croce, sigle speciali) e infine nel Cinquecento figurata con motti e divise. Per ricordare le più famose : l’ancora col delfino dei Manuzio; il giglio della città natale dei Giunta, colla divisa: «Nil candidius»; il gatto col topo in bocca dei Sessa di Venezia; la fenice col motto « Sem-per eadem » e « Della mia morte eterna vita io vivo » dei Giolito de’ Ferrari: si hanno anche figure sacre e dopo il Settecento sigle e monogrammi. Qualche volta si ponevano in calce al libro, ma quasi sempre nel frontespizio, come anche ai giorni nostri, in cui ogni editore importante continua l’usanza: Hoepli ha lo scudo araldico intersecato da un fiore colla scritta : « In labore vir-tus et vita»: Treves, la lampada accesa; Paravia, un albero colla scritta: « In labore fructus »; Barbera, la rosa con lo scritto: «Non bramo altr’esca ». Accanto all’ insegna vanno ricordati i così detti ex-libris, o nota di appartenenza, che hanno avuto origine dall’iscrizione del nome del possessore o dall’apporre lo stemma di esso nei manoscritti: ora sono proprii di privati raccoglitori, di bibliofili, che amano contrassegnare con un cartellino per lo più nel verso della co-