— 35 — A Eoma, la Vaticana dovuta a Nicolò V, il papa umanista, che dettò la più antica « Eegola per dare assetto alle biblioteche». ACesena, la Malatestiana sorta nel 1452 per munificenza di Domenico Malatesta Novello, ad imitazione della Laurenziana, coi plutei e i volumi incatenati ad essi. A Venezia la Marciana che vanta a suo promotore Francesco Petrarca col dono da lui fatto dei propri libri alla Repubblica Veneta, ma che in realtà ebbe invece principio nel 1468 dalla raccolta di codici data dal Cardinale Bessarione ed ottenne magnifica sede architettata dal Sansovino. Anche i duchi di Ferrara, così splendidi mecenati, radunarono nella loro reggia ima ricca e preziosa libreria, che è passata in parte alla Estense di Modena, la quale ha avuto poi la gloria dei due più grandi bibliotecari italiani, Lodovico Antonio Muratori e Girolamo Tiraboschi. Questi due nomi ci riportano all’altro grande momento della cultura italiana, al fiorire e al diffondersi dell’erudizione e degli studi storici verso la metà del Settecento. Già nel secolo precedente si erano aperte al pubblico varie biblioteche e prima di tutte l’Ambrosiana di Milano, per munificenza del cardinale Federigo Borromeo: allora si vanno moltiplicando: le Universitarie di Bologna, Cagliari, Catania, Genova, Padova (prima biblioteca italiana istituita per sussidio agli studi Universitari), Pavia, le Nazionali di Milano (Braidense), Torino, Napoli, Palermo. Fino dall’antico la scelta del luogo per la sede di biblioteche denota il carattere solenne e quasi sacro di esse. Tale tradizione venne continuata durante il Medio Evo, in cui le biblioteche nelle due forme conventuali ed episcopali, unite colle chiese e coi monasteri, non erano ben distinte dagli archivi e dai sacrari. Nel Einascimento poi la magnificenza delle sedi principesche non solo risponde a questo carattere, ma accentua ancor più l’altro, quello monumentale che si afferma