— 26 — frontespizio, cioè della pagina che contiene il nome dell’autore, il titolo, le note editoriali e, qualche volta, anche tipografiche. Nel rotolo e poi nei codici, tanto nei manoscritti che negli incunabuli, questo frontespizio manca: nel rotolo il titolo, se c’è, si trova alla fine del testo, perchè meglio protetto, essendo nell’interno, quando il rotolo stesso era chiuso: il titolo in generale non era che il nome dell’autore e la prima parola del testo: per distinguere i rotoli quando erano riuniti nell’armadio in cui venivano conservati arrotolati, a poco a poco, sul bordo superiore si mise una specie di etichetta, che i Romani chiamarono titolo o indice e i greci sillabos. Nel codice continua il titolo a trovarsi alla fine: ma dal V secolo diviene generale l’uso di scriverlo al principio, premettendo un incipit (comincia) o incipiunt (cominciano) secondo che il soggetto è singolare o plurale, come l’opera termina con un explicit (finisce) o expliciunt (finiscono), parola presa dal rotolo tutto spiegato, cioè letto tutto, finito, da explicare = svolgere ciò che è arrotolato. Negli incunabuli si premette all’opera la tavola o indice delle parti di essa o una lettera dedicatoria: quello che figura oggi nel frontespizio (nome autore, titolo, note tipografiche) si poneva in fine nel cosiddetto colofone [colophon in greco significa la parte più alta del tetto, il fastigio, quindi « fine »), quasi sempre colla formula solita dei manoscritti « explicit, expliciunt ». Questo colofone o sottoscrizione era vario ed originale e racchiudeva sempre frasi di lode per l’autore, per lo stampatore e, specialmente nei primi tempi, ammirazione ingenua per l’arte misteriosa della stampa. Oggi anche nelle edizioni comuni e non più, come qualche anno fa, solo in quelle di lusso, è stato ripreso l’uso di collocare in fondo, dopo l’indice, bellamente disposte, le note tipografiche. Quanto alla decorazione del frontespizio, nei secoli XV e XVI è a due colori, rosso e Dero (il primo esempio pare