— 58 — le classi sociali e fu considerato solo come mezzo di studio, non come elemento importantissimo della vita nazionale e sociale. A questa concezione e a questa separazione hanno contribuito le tradizioni gloriose della nostra alta cultura e la tarda unificazione nazionale. Però, fino dal principio della nostra lotta per l’unità, i nobili spiriti, che cooperarono al Risorgimento, compresero l’importanza dell’ istituzione di biblioteche per il popolo. Quando Antonio Bruni nel 1861 fondò a Prato la prima di esse in Italia, lo stesso Garibaldi mandò da Caprera adesione e plauso: e si diffusero queste biblioteche, in città e in campagna, servendo in un primo tempo ad aiutare la lotta contro l’analfabetismo. L’attività dei privati e delle associazioni formatesi per l’elevazione del popolo andò via via scemando, nonostante voti e proposte sporadiche, tanto che a poco a poco queste biblioteche già funzionanti divennero cosa morta per il mancato aiuto dello Stato, delle province e dei comuni e per la deficienza di un criterio unico ed accentratore. Col 1903 s’inizia un secondo periodo abbastanza vitale, culminato oggi colle provvidenze del Governo Fascista, ma che sorse e si svolse come azione di propaganda di partiti politici, secondo i concetti e le finalità che li ispiravano: a Milano, prima di tutti, gli Enti che s’interessavano della cultura del popolo costituirono il « Consorzio delle biblioteche popolari » che nel 1908 convocò il primo Congresso Nazionale e nel 1915 si rinnovò, prendendo il nome di « Istituto delle biblioteche popolari ». Per opporsi al dilagare di questa corrente e delle teorie socialiste il sacerdote Giovanni Casati fondò pure a Milano dopo qualche anno la « Federazione delle biblioteche circolanti », col proposito di illuminare e guidare nella scelta di libri rispondenti veramente allo scopo di educazione popolare. Altre biblioteche specializzate sorsero: le scolastiche