— 9 — eredità, rapine: mancano molte volte di qualche carta (ed allora il ms. dicesi mutilo), del nome dell’autore (anonimo), del titolo (anepigrafo) : possono contenere non una sola opera, ma scritture varie (miscellaneo); essere particolarmente curati nei caratteri (calligrafico) e adorni di fregi o figure (miniato). E appunto della scrittura e della miniatura va fatta particolare menzione, parlando dei manoscritti. Lo strumento della scrittura, cioè la penna oggi metallica, anzi stilografica (la cui origine risale in sostanza al calamus scriptorius romano e si è usata fin dai primi anni del sec. XVII, avendo poi diffusione solo negli ultimi decenni) non è che lo stesso usato fino dall’origine. Gli Egiziani adopravano una canna prima tagliata di sbieco, che, girata in diverse maniere, permetteva di fare tratti grossi e fini, poi tagliata in punta, per poter scrivere ancora più fino: i Eomani e i Greci le penne di grandi uccelli, incavandole da una parte: nel Medio Evo e dopo, si preferì la penna d’oca. Quanto all’inchiostro tanto presso gli Egiziani che i Greci e Eomani fu vegetale e della stessa composizione per papiro e pergamena, nero per il testo, rosso per i titoli e i principi dei capitoli o per le lettere iniziali dei capitoli stessi: solo col secolo XII si passa all’inchiostro attuale fabbricato col tannino e col solfato di ferro. In antico la scrittura era affidata a scribi di professione, nel M. E. passò ai monaci, specialmente benedettini, per ritornare poi, durante il Einascimento, ad amanuensi di mestiere: famoso fra questi centri di scrittura è quello di Vespasiano da Bisticci a Firenze, che fornì di manoscritti la biblioteca di Lorenzo il Magnifico. Fino dall’inizio la scrittura comincia a fissarsi a poco a poco in una forma identica, nonostante l’impronta individuale dei singoli scribi e a lato di quella dei manoscritti (calligrafica, cioè scrittura bella, curata) ne sorge un’altra, corsiva, per gli usi della vita, assai diversa. Come tutte le cose umane ogni scrittura si