— 16 — che questi libri silografìci (libri, non tavole) non sono anteriori, ma contemporanei alla stampa mobile. In ogni modo che i tempi fossero maturi lo dimostra anche il fatto che l’invenzione viene attribuita a varii e in varii luoghi: al De Coster di Harlem, a Panfilo Castaldi da Feltre, a Giovanni Gutenberg di Magonza, per tacere dei minori. Ormai pare quasi sicuro che il primato appartenga a quest’ultimo, il quale immaginò uno strumento pratico per la fusione dei caratteri e il processo completo per usarne. Dopo i primi saggi (un poema tedesco sul Giudizio Universale e le Lettere d’indulgenza di Nicolò Y) egli pubblicò a Magonza nel 1455 in unione col banchiere Fust, che lo finanziava, la prima vera opera a stampa: la Bibbia, detta Mazarina dall’esemplare famoso esistente nella Biblioteca Mazarina a Parigi, o di 42 linee dal numero di queste nelle due colonne in cui è divisa la pagina; in carattere gotico e in più volumi, essa ha i caratteri dei manoscritti che si sforza d’imitare. Gutenberg dovette poi ritirarsi, per ragioni d’interesse, e morì verso il 1468: la tipografia continuò colla ditta Fust e Schòffer, che pubblicò molte opere di grande formato dal 1457 al 1466. Quando Magonza fu presa e saccheggiata da Adolfo di Nassau nel 1462, questi tipografi si sparsero in Germania, in Francia, in Italia: comincia allora quel loro nomadismo che fu poi carattere precipuo di quelli italiani, a proposito dei quali è stato osservato che i più conosciuti dal sec. XY fino ai moderni come Bodoni e ai quasi contemporanei come Le Monnier e Barbera non sono nati dove hanno esercitata la propria arte. E così trasportavano il loro semplice macchinario da città a città, da paese a paese, da un castello all’altro, secondo che invidie e dissensi li cacciavano o desiderio di comuni e di signori li chiamava, sostando finché trovavano lavoro e riprendendo poi il loro vagabondare verso altri luoghi. In Italia i primi tipografi tedeschi trovarono il Rinascimento in