dei regoli di legno che attraversano e sostengono i fili di ferro, dette filoni. Tanto la marca o filigrana, quanto le vergelle servono, secondo la loro posizione, a determinare, come vedremo, il formato dei libri stampati più antichi, che molte volte non appare ben chiaro. Le materie impiegate nella fabbricazione della pasta sono di varia qualità: fibrose, collanti, di carica (per ottenere speciali requisiti) e coloranti: ne risultano vari tipi di carta, secondo i diversi impasti: in generale la migliore per stampa è quella che ha maggior morbidezza e porosità, quindi a collatura ridotta; la più resistente quella esente da pasta di legno o vegetale, detta inglese, perchè originariamente fabbricata in Inghilterra, ma ormai (al pari di tutte le altre, che pur conservano il loro nome d’origine), ottima anche nella produzione delle cartiere italiane, di cui si debbono ricordare specialmente quelle di Milano (Binda, Tensi, Vonwiller) e di Torino (Bosso, Cartiera Italiana, Burgo). Fra le altre carte vanno ricordate la cinese, più di tutte adatta per una bella tiratura, a causa del suo speciale tessuto: la giapponese, morbidissima, che offre, insieme colla trasparenza, notevole spessore ed è adoperata per edizioni di lusso, come l’altra vergata o d’Olanda, a mezza colla ed assai resistente: quella d’india o anche d’Oxford straordinariamente sottile, quindi usata per opere voluminose, ma tanto opaca da non lasciar trasparire la stampa. Data l’enorme richiesta di produzione, la difficoltà principale è ora quella della materia prima, su cui convergono studi e tentativi: l’Italia non rimane indietro neppure in questo problema, che è connesso cogli altri dell’autarchia economica: anzi da poco, a Foggia, è stato inaugurato un modernissimo stabilimento di succedanei della cellulosa, per la carta ad uso dell’istituto Poligrafico dello Stato, con produzione sempre crescente.