LA CORRUZIONE DEL COSTUME 449 Santa Caterina de’ Vigris, ferrarese, fondò a Bologna il monastero del Corpo di Cristo, e morì nel 1483 in concetto di santità; e suor Serafina Contarmi, degna sorella di quel grande che fu il cardinale Gaspare, fu confortata dall’alta amicizia di Vittoria Colonna (1). Ma se il chiostro fu, per queste buone, asilo di pace, divenne carcere doloroso per tante infelici spesso costrette a prendere il velo dal volere paterno, che mirava a raccogliere il patrimonio nelle mani dei maschi. Dell’angoscia di queste sventurate si sente un’eco in certe canzoni, vulgatissime nella lirica italiana, e che si dividono nei due principali rami della monaca forzata e della ribelle. 11 motivo è quasi sempre la figlia che invoca la madre, per dirle la sua ripugnanza per il chiostro e confidarle che il suo cuore palpita di altri amori (2). Molte, non potendo rassegnarsi alla vita del convento, perseguivano col desiderio le seduzioni mondane, rifiutando di farsi tagliare la chioma, abbigliandosi con ogni eleganza. Il patriarca Girolamo Quirini, vedendo che le minaccie scritte non avevano alcun effetto <3) si presentò egli stesso, inaspettato, insieme con alcuni pubblici ufficiali, il 25 agosto del 1526, al convento della Celestia e vide, fra le altre, una giovine suora, senza il velo, che mostrava le belle chiome tutte composte a drezuole, onde il prelato sdegnato li tajò li cavelli. Volendo poi egli stesso condurre con sè altre due monache, abbigliate contro la regola, per chiuderle in carcere, « tutte le altre comenzono a cridar et metersi a la porta sichè « non fono lassate meter » (4). Neppure la clausura era osservata, e un’ordinanza pa- (1) Gamba, Lett. di donne it. cit., pag. 41. (2) Renier, Appunti sul contrasto fra la madre e la figliuola bramosa di marito, in « Miscellanea nuz. Rossi-Teiss », Bergamo, 1897. — Una di queste poesie di redazione italo-veneta, della fine del secolo XVI, presenta notevoli differenze da quelle più comunemente conosciute, ed è preceduta dalla proposta della madre che manca in altre. La madre esorta la figlia a prendere il sacro velo a servire Dio fuor dei travagli del mondo, a fuggire dal matrimonio che, essa lo sa per prova, rende le donne meschine e infelici: Figlia mia fate monica e non ti maridar ti farò far la tonica hor la vogli portar, fuor d’ogni affanno starai a officij e a messa e appresso alla badessa tu potrai sempre star. La fanciulla, che sente le fiamme d'amor, è sorda ai consigli della madre, la quale poi non doveva aver trovato il matrimonio tanto triste e misero, se, mortole il primo marito, era passata a seconde nozze: Madre non mi far monica Hor che un bel giovanetto che non mi voglio far, mi ha preso del suo amor, non mi tagliar la tonica, e sì mi sta nel petto che non la voi portar, che ho sempre il pizzacuor, star tutto el zorno sarei ben pazza a vespe-o ed a messa se venissi a far dieta poi la madre badessa e a vespero e a compieta non fa se non gridar. cantar a tutte l’hor. Pilot, Figlia mia fate monica (estr. dal « Niccolò Tommaseo», anno II, n. 9-10, Arezzo, 1905). Altre canzoni popolari Bernoni, Canti pop. ven., punt. VI, n. 24) hanno accenni alla vita corrotta dei conventi: Mia mare voi che vada munissela Per sparagnar la dote a mia sorela, E mi per obedir la marna mia, Tagio i capelli e munissela sia. La prima note ch’ò dormito in cela, Ò sentìo lo mio amore a spazzizare; Vago dabasso per aprir la porta, Ma la madre badessa se n’è incorta. E la me disse: munissela fia, Gastu la freve o xestu innamorata? (3) Un bando a stampa dei Dieci in data 31 agosto 1569 volendo impedire « che alle grade di parlatorii di mo-« nasteri non vi concorresse licentiosamente tanta quantità de homini così forestieri, come terrieri » ordina che siano di nuovo affissi in parecchi parlatori i Sommari delle leggi sulla disciplina dei conventi, che erano stati levati via o squarciati. (4) Sanudo, XXXIX, 345 (25 agosto 1525). — Di cosiffatte ribellioni da parte delle serve del Signore v’erano stati altri esempi. Quando nel luglio del 1514 si volle chiudere il parlatorio di San Zaccaria, frequentato da moneghini, le monache si opposero violentemente agli ufficiali e si meseno a uno con li saxi, onde fu costretto a intervenire il patriarca stesso in persona (Sanudo, XVIII, 323). E nell’ottobre del 1517, non volendo le suore di Santa Caterina che fosse consacrata monaca una Michiel, perchè era maritata, chiusero la porta in faccia al vicario del patriarca, e quando il patriarca ricorse per essere obbedito al braccio secolare, che mandò i birri a romper le porte, le monache riottose si chiusero nel campanile sonando campana martello. Sanudo, XXV 26. Molmenti, La Storia di Venezia nella Vita Privata — P. II. 29