120 CAPITOLO V. dove si vedeva il busto ch’egli aveva scolpito di se stesso (1'. Nella bella casa tranquilla fece il suo testamento il 4 maggio 1608, chiamandosi Alessandro Vittoria scultore fo d. m.K[Vigilio Tridentino, e il 14, « stando nel letto per essere un poco indisposto, ma « sano di mente per grafia di Dio », aggiunse un codicillo. Dopo tredici giorni moriva a ottantatrè anni, essendo nato a Trento nel 1524, e fu sepolto in chiesa di San Zaccaria nella tomba ornata dalla sua mano. La serenità dell’animo era pure in Andrea Palladio. Dalle scritture private sembra inclinato a mestizia, ma, al dire di un contemporaneo, era piacevolissimo e facetissimo nella conversazione, « sicché dava estremo gusto alli gentiluomini e signori, e con af-«fabilità paterna agli operai insegnava le buone pratiche, i membri, i vocaboli dell’archi-«tettura, trattenendoli con molte piacevolezze »<2). Nato a Vicenza nel 1508, da un Piero de Padoa, monaro, ammogliatosi nel 1534 con Alle-gradonna, figlia di Marcantonio marangon, dalla quale ebbe sei figli, lasciò la vita nel 1580 (3). Alcuni artisti che giungevano ai premi più ambiti, la ricchezza, gli onori, la gloria, non mutavano la modestia del costume. Giovanni da Udine (n. 1487), il celebre pittore di grottesche, aveva avuto per primo maestro Giorgione, ed era stato in amichevole relazione col patriarca di Aquileia, Giovanni Grimani, nel cui palazzo di Venezia aveva lasciato nobili saggi del suo ingegno. A Roma aveva goduto la protezione di papi e cardinali, nelle logge vaticane aveva lavorato con Raffaello, e all’ombra del maestro divino aveva veduto crescere la sua fama ; ma veramente felice si sentiva soltanto quando poteva ritirarsi nella sua città natale, nella sua casetta, tepido asilo di onesti costumi provinciali. In un suo libro di governo familiare, tra i conti, le entrate e le spese, ci par di vedere il pittore e di andare per Udine con lui. Giovanni è buono, compassionevole, conciliativo con tutti; ama teneramente la moglie che lo rende padre di ben dodici figliuoli, e di tutti saluta con gioia la nascita, ma di quasi tutti deve poi pianger la morte. Fra i rimasti, uno, Raffaello, gli è cagione di dolore, per l’indole torbida e rissosa, tanto che, il 3 febbraio del 1559, sulla piazza di Udine « fu ferito a morte, passatoli « una cossia con uno spedo in-« sieme con la borsa de li testicoli ». Guarì e seguitò la vita di prima, onde il padre nel suo testamento lo diseredò. Dei figli, morti in età giovanile, il pittore ricorda con commozione le tenui cose della loro infanzia, i vestitini di saio incarnato, listati di turchino o di cremesino, con cui furono portati al fonte battesimale, e le piccole tombe una accanto (1) Il busto del Vittoria, da lui scolpito, fu venduto nel 1832 a Federico Guglielmo III, re di Prussia. (2) Boito, Leonardo, Michelangelo e Palladio, Milano, 1883, pagg. 233-34. (3) Magrini, Mem. intorno la vita e le op. di A. Palladio, Padova, 1845; Lampertico, Scritti stor. e lett., Firenze,. 1882, voi. I, pag. 336; G. G. Zorzi, Il matrimonio di A. P., in « N. Arch. Ven. », a. 1916, t. XXX II, pag. 172 e segg. ff 7 -.....- fO'4" Ìa* .....£?__■—I AUTOGRAFO DI ANDREA PALLADIO. RITRATTO DI ANDREA PALLADIO. Incisione di A. Giani da un disegno di G. Bellis, tolto dal ritratto del Maganza che era nella Rotonda di Vicenza.