4 CAPITOLO I. i danni sofferti sul mare anche le provincie di Terraferma, acquistate con le armi o spontaneamente sottomesse. AH’aprirsi del secolo XVI, il dominio continentale, oltre l’Istria e il litorale dalmato, e senza tener conto di alcuni possessi temporanei sulle coste di Puglia, comprendeva tutta la Venezia, la Lombardia sino all’Adda, alcune città di Romagna, Rovereto con alcuni borghi del Trentino. I Veneziani vinsero le difficoltà che accompagnano i principii dei nuovi reggimenti, frenando con mano ferma le agitazioni dei sudditi nobili e potenti, indocili alla disciplina, ma per converso trattando il popolo come capace di obbedienza, non di servitù, riconoscendone gli statuti, rispettandone i costumi, esercitando una giustizia imparziale, provvedendo a congiungere i paesi col commercio, ad appianare e rendere comode le strade, a guidare le acque a benefizio dei campi, a difendere e conservare i boschi, ad aiutare le industrie paesane. Si deve a tali ricordi di buon governo l’affetto quasi filiale a Venezia che sopravvive sulle opposte sponde dell’Adriatico. Coi vicini stati italiani la Repubblica non seppe invece stringere buone relazioni, nè durevoli accordi. Non volle essa rinnovare quel che di tradizionale era nelle sue consuetudini, e rimase sempre uno stato al modo di quelli d’Oriente, guardato con sospetto, o con avversione, dai principi della penisola. Le varie leghe, che da costoro si facevano e disfacevano con rapida vicenda, erano sempre ispirate a un unico intento recondito: la distruzione di Venezia. Questa si difendeva con l’astuta politica; sotto sembiante d’intendimenti pacifici, nascondeva propositi bellicosi, e sapeva sempre inframmettersi a tempo tra i principati italiani e partecipare a qualche alleanza, in modo da smembrare le forze avverse, e impedire una grande coalizione a’ suoi danni. Venezia, che si temeva tendesse all’egemonia della penisola, continuava ed accendere in Italia e fuori faville di ambizione, di rivalità, di paura, onde sorgono gl’incendi delle guerre. Aveva creduto il Machiavelli che fosse nell’animo dei Veneziani di costituire un governo monarchico simile al romano, e aveva ripetuto il Guicciardini abbracciar essi, coi pensieri e le speranze, la monarchia d’Italia. Veramente l’idea unitaria dello stato italiano non balenò mai alla mente dei politici veneziani, sibbene il sentimento della patria, ribellan-tesi alla dominazione e all’oppressione straniera. Quando l’Europa, unita in accordo d’odio a Cambray (10 dicembre 1508), sembrò tutta ardere in una guerra di sterminio contro Venezia, la Repubblica non si smarrì, e i suoi soldati affrontarono la iniqua coalizione al grido: Italia, Italia! Marco, Marco ! (1); e in quel grido, che al geloso amore delle lagune ristrette univa quello della grande patria, par di ritrovare l’effigie smarrita dell’Italia. Al primo fervore seguirono lo sbigottimento e l’avvilimento per la disfatta di Ghiaradadda a Vailate. La funesta notizia giungeva a Venezia il 14 maggio 1509, e que’ miseri giorni, meglio che nelle solenni pagine della storia, rivivono nelle memorie private: nei Diarii di Girolamo Priuli, uomo e scrittore onorando, che visse con egregia virtù, se non sempre con uguale fortuna <2>; nei Diarii di Marin Sanudo, il più fedele interprete dell’anima veneziana, nelle lettere di Luigi da Porto, bella figura di soldato e di scrittore, autore della novella Giulietta e Romeo (3). Girolamo Priuli, assertore franchissimo del vero, si rammarica che i suoi concittadini, sbigottiti dalla sconfitta, non rassomigliassero « a li loro antiqui progenitori « quali tante volte armati et cum la curaza [avevano] diffexo gaiardamente la loro (1) Sanudo, Diarii, Vili, 177. (2) 1 Diarii del Priuli, divisi in otto volumi, vanno dai 1 aprile 1494 al 22 luglio 1512. Il primo volume è nella biblioteca di San Marco (mss. VII, n. 130); il terzo è scomparso; gli altri nel civico museo Correr (codice P. D. 252). Fulin, Girolamo Priuli e i suoi Diarii, in < Arch. Ven. », a. 1881, t. XXII, pagg. 137-155; A. Segre, I Diarii di Girolamo Priuli, in « Rer. Italie. Script.t. XXIV, parte III, Citta di Castello, 1912. Cfr. A. Bonardi, Venezia e la lega di Cambray, in ■ Nuovo Arch. Ven.-, a. 1904, t. VII, pag. 237 e segg. (3) Morsolin, Luigi da Porlo, in « Arch. Ven. », a. 1889, t. XXXVIII, pag. 97 e seg.