396 CAPITOLO XII. tato II ratto di Elena (l). Tali spettacoli richiedevano troppe spese, così che in Senato, il 25 gennaio 1526, fu deliberato che «le momarie, siano bandite sotto pena a « chi le fesseno far de ducati cinquanta, et li maestri (che) le tessero de ducati 10 et star « mesi sei in presoti » (2>. Ma si sa quale fortuna avessero le leggi suntuarie, e infatti, poco meno di un mese dopo, proprio in corte di Palazzo, mentre i Dieci scendevano la scala dei giganti, e il serenissimo stava alla finestra, entrò « una bellissima tnomaria « di 6 principali che baiavano, con 12 vestidì da Sarasini, con torzi in mano, et balono «alcuni balletti novi che si have gran piacer chi li vete» <3). Il di successivo, sempre INTERNO DEL TEATRO OLIMPICO A VICENZA. Disegno del Palladio, eseguito da Vincenzo Scamozzi. (Fot. Alinari). per obbedire alla legge, nella stessa corte, alla presenza di circa tremila persone, si fece da giovani gentiluomini, vestiti da mori, preceduti da cantanti e sonatori, un’altra rappresentazione mascherata. Uno era vestito di scarlatto da medico, e cinque ballerini in Inibiti et velli in testa, rappresentavano Nettuno e le stagioni dell'anno. Per la festa di berlingaccio dello stesso 1526, sulla piazza di San Marco, una momaria fu ordinata da « un maistro Tonin, con cose fabulose che fu bel veder et dete a piacer « a la terra », quantunque uno dei razzi, accesi sopra’un filo di ferro, attaccato al campanile, ferisse malamente un prete in un occhio e abbruciasse alcune vesti di spettatori, tra le quali una di velluto cremisi di una patrizia, Quirìni-Duodo (4). L’anno dopo, (1) SANI!oo. XXXVI, 459. (2) ld., XL, 752. (3) ld., ibid.. 785. (4) ld., Ibid., 789, 791.