228 CAPITOLO Vili. di quello aperto nel 1570 a San Geremia; nè prosperarono le scuole dei sestieri per i chierici, istituite sul principio del secolo XVI dal patriarca Antonio Contarini; varia fortuna ebbe il collegio dei gesuiti, aperto neH’aprile del 1550 con l’aiuto del patrizio Andrea Lippomano (1>. Il seminario, fondato nel 1563 a San Cipriano di Murano diede origine a quello patriarcale di Santa Maria della Salute; e il seminario (1581), chiamato gregoriano per l’indulto concesso da Gregorio XIII, dopo aver trovato ospitalità nella casa del primicerio di San Marco, fu trasferito nel 1591 a San Niccolò di Castello <2). Fioriva, intanto, così da diventare il convegno delle genti più colte del mondo, l’università di Padova, giunta per la Dio grafia in bona perfection, come scriveva il Sa-nudo nel 1493. Le umili case, disperse per le vie di Padova, ove si davano le lezioni, furono abbandonate, e la Repubblica convertì in palazzo della sapienza la casa dei Pa-pafava, nella contrada di San Martino, ch’era già stata trasformata in un magnifico 1 fflk.. 4h t UNO STUDIOSO. (Dalla « Bibbia volgare del ¿Malermi, Venezia, 1493). albergo, hospitium magniftcum, all'insegna del bò (bue)(3), onde lo studio fu poi chiamato sempre il Bò. Incominciarono subito i lavori di riduzione, che continuarono fino al primo anno del secolo XVII, in cui l’edifìzio apparve compiuto nella decorazione archi-tettonica, che ancora in parte conserva. Passato il turbine della guerra di Cambray, che aveva fatte deserte le scuole, la Repubblica istituì nel 1516 i tre riformatori dello studio (4), specie di ministero dell'istruzione pubblica, di cui, in quei tempi, non si trova esempio in nessun altro stato d’Europa. Oltre la cura di sovrintendere all’università, di nominare i docenti, di assegnare gli stipendi, i riformatori ebbero la vigilanza sulla stampa, le scuole, le gallerie e i musei di tutto lo stato. Da pochi anni Padova era unita alla Repubblica, quando da Venezia sentì venirle l’aura rinnovatrice dell'umanesimo. Nel 1471, Almorò Barbaro, a diciotto anni, recatosi all’imiversità, dove le scienze erano ancora inceppate dalla scolastica, seppe combattere, con la fede afforzata da una profonda cultura, quella dottrina che mor- (1) Daniello Bartoli, Opere, Torino, 1825, voi. V, lib. Il, pag. 212. (2) Gallicciolli, II, 1015, 1721, 1724, 1725. (3) M. Savonarola, De magnifìcis ornamentis regie civitatis Padue, pag. 50, ed. Segarizzi, in « Rer. It. Scrip. *, t. XXIV, P. XV, Città di Castello, MDCCCCII. — Cfr. Lazzari ni e Tamassia, L'Albergo del . Bo», in « Arch. Ven. Tridentino», f. I, 1922, pag. 284 e segg. La casa apparteneva dapprima ai Maltraversi, dai quali passava ai Papa-fava. Vhospitium Bovis è ricordato per la prima volta nel 1364. Nel 1405 l'albergo divenne proprietà del macellaio Marcolino Bonzanini. (4) I primi riformatori furono Giorgio Pisani, Marino Zorzi e Antonio Giustinian. Sanudo, XXIV, 617.