I FESTEGGIAMENTI E LE CERIMONIE PUBBLICHE 439 nipote di papa Alessandro VI, per indurre la Repubblica a non contrastare le mire ambiziose del duca Valentino su Ferrara e Rimini, e a non opporsi ai propositi della Santa sede, che intendeva riacquistare alcune città di Romagna. Le domande venivano da gente, temibile per cupidigie o insidiosa o audace, e la Signoria aspettò alcuni giorni per rispondere. « Finalmente, scrive il Malipiero, a 22, a meza note, è sta « preso de responderghe: che quanto a Ferrara e Rimini, la Signoria no puoi perii metter che ’1 se n’impassa; ma de i altri luoghi, la no farà prohibition alcuna.... «Con questa risposta el Cardenal è partito per Padova, con 300 cavalli a so spese; « e quelli della so famegia ha portà via coltre, cortine d’oro, lenzuoli sotili, tapez-« zarie; e a Muran i ha robà un pano d’oro, levà dall’altar grando dove l’era » (l). Talvolta gli stranieri adoperavano perfino le donne come strumenti di politici intendimenti; e le mediatrici gentili giungevano e passavano tra un bagliore di feste, ma senza poter mai, nè per allettamenti, nè per preghiere, far deviare dal suo cammino la Repubblica. Nel settembre del 1481, per stringere alleanza con Venezia, il papa Sisto IV vi mandò il conte Girolamo Riario, suo nipote, con la moglie Caterina Sforza. Andarono a incontrarli sul bucintoro, fino all’isola di San Clemente, il doge Giovanni Mocenigo e centoquindici gentildonne, risplendenti di gioie. Tra esse, la giovine nuora del doge, vestita d’oro. 11 giorno seguente, il conte, che fu ascritto alla nobiltà veneziana, si recò con la moglie, al palazzo ducale. Appena entrarono nella gran sala del consiglio, il doge, i patrizi e centrotren-tadue fanciulle nobili, che stavano attendendo gli ospiti, si alzarono in piedi. Incominciarono balli e giuochi, che continuarono sino a che, alle quattro ore dopo il tramonto del sole, fu imbandito, alla presenza del popolo, un banchetto, non meno abbondante che splendidamente ornato. «Gli abiti delle donne», scrive il cronista Giacomo da Volterra « come mi fu assicurato da persone competenti e che dicono il vero, rappresen-« tavano un valore di trecento mila monete d’oro » <2). Ma l’intento politico dei Riario non fu raggiunto. Più fortunata, nel 1493, Beatrice d’Este, sposa di Lodovico il Moro, venuta a rafforzare la lega tra Venezia e Milano, dinanzi alla minaccia della calata di Carlo Vili in Italia. Beatrice descrive al marito il fasto principesco, onde fu accolta la sua visita (3), che fu quasi il preludio all’alleanza stretta dopo due anni tra Venezia, il papa, l’imperatore, il re di Spagna e il duca di Milano. La notizia di siffatta alleanza fu accolta con manifestazioni di gioia: dalla facciata della basilica pendevano panni d’oro; sul campanile sventolavano bandiere d’oro; trombe e campane sonavano, (1) Malipiero, Ann. cit., P. I, 564, 565. (2) Pasolini, Caterina Sforza, Roma, 1892, voi. I, pagg. 119, 120. (3) Arch. di Stato di Milano. Vedi Appendice, Documenti F. — Le lettere di Beatrice d'Este furono pubblicate la prima volta nella prima edizione di questa Storia (1880).