LA CORRUZIONE DEL COSTUME 451 polare, che con qualche variante si ripete in altri paesi, favoleggia di un avvocato della curia ducale, avaro e sfruttatore, che abitava in quella casa e teneva con sè una scimmia, nella quale s’era incarnato il demonio, per guadagnare all’inferno l’anima del curiale. Esorcizzato da un frate di santa vita, quel diabolico animale fuggì dalla casa forando il muro; e l’avvocato, fatto proponimento di mutar vita, fece tappare quel buco, che sentiva di inferno, con l’imagine marmorea dell’altarino. La Repubblica, non molto severa nel combattere i pregiudizi delle classi di maggior grado, cercava d’impedire quelle superstizioni che potevano condurre a gravi turbamenti gli animi del popolo, e puniva coloro che si credeva evocassero con sortilegi e fattucchierie gli spiriti infernali e preparassero polveri affatturate e magici filtri (herbariam vel facturariam) <’>. Coloro che si ritenevano rei di malifizio, di sortilegi, di malìe, così come le streghe, erano banditi, frustati, posti alla berlina, e s’imponeva loro l’abiura e la recita di preghiere; tutte pene, fatta ragione ai tempi, rese miti dalla saviezza del Governo, che sapeva moderare e frenare con prudenza la intransigenza e il fanatismo del Sant’Uffizio. Continuavano invece fierissime le pene contro i bestemmiatori. Forse ai più gravi magistrati, che per l’indole del linguaggio natio usavano spesso intercalari innocenti (2), le bestemmie atroci e le rabbiose maledizioni sonavano come un troppo grave oltraggio alla religione dei padri, e come uno sfregio a quel dialetto, così dolce nelle consuetudini della vita, così solenne nei comizi della patria. E pure dall’uso di profferire oscene parole e bestemmie, comune nel popolo, non andavano immuni alcuni degli stessi patrizi <3), e neppure i preti (4), nonostante che i secolari fossero puniti col taglio della mano o della lingua e con la perdita degli occhi, e i preti col supplizio della cheba. Nel 1510 si tentò di vietare persino la bestemmia e il turpiloquio fra i soldati, ma i provveditori in campo, consultati (1) Arch. di Stato, M. C. Leona, c. 199 t. — Nel 1543, frate Aurelio Sticiano da Siena faceva malefici diabolici con capelli e ossi di morto e olio santo (Arch. di Stato, Trib. Sant'Uff., proc. B. 31). Nel 1582 Antonio Orlandini guariva la febbre con istrani scongiuri e con foglie di salvia, sulle quali erano scritte parole sacre (Ibid.. B. 122). Nel solo anno 1589, furono accusati una Laura Casabri di sortilegio, di commercio col diavolo, di scongiuri e incanti con foglie di salvia e fave; un prete Serafino Gradi, canonico di San Salvatore, di fattucchierie con l’olio santo; un Sebastiano Migliorini e la sua compagna Paola, di scongiuri con circoli e lettere magiche; un’Elena Pazano di affatturare il proprio figliuolo, appendendogli al collo un osso di morto (Ibid., B. 65). (2) In una Miscelanea di Cronica veneta di Marin Sanudo (Museo Correr, cod. Cicogna, 970, pag. 67), sono raccolti alcuni intercalari, che i patrizi più illustri usavano nelle loro arringhe in Senato, conservando sempre il rispetto alla morale. Furono pubblicati dal dott. Ces. Musatti (estr. dall’ «Ateneo Veneto», maggio-giugno 1905), e ci piace riferirne alcuni: « Ditti usavano Senatori in rengha al tempo io era in Pregadi: « D.no Augustin Bb. (Barbarigo) dose havé bona volontà e bona disposition. — Luca Zen et cetera amo l'anema « mia. — Zuan Moresin p (per) Vamor de Dio. — Domenego Pollani si prò quia. — Domenego Moresini procurator las-« seme favolar. — Antonio Trun vhe vhe. — Nicolò Mocenigo procurator alle vagete de Dio. — Filippo Trun procurator « in summa con fede e carità. — Nicolò Trevisan procurator pian de là. — Lunardo Loredan procurator signori. — Nane « Bollani coiai e si. — Francesco Foscarini Panisella pian se ve piase. — Marco Ant. Moresini el K. le vostre eccellentie. — « Pietro Balbi per lo vero Dio. — Alvise da Molin Fiammetta chi no distingue no sa che dir. — Pietro Duodo si-« gnori degnissimi. — Lunardo Grimani ci è il denaro. — Piero Capello son de quelli. — Lorenzo di Prioli signori afuissem misericordiae Dei. — Paolo Pisani che crudeltà è questa. — Fran.° Trun non è obedientia. — Alvise Malip.0 «/a V. Serenitade. — Bat. Justinian mo? de V. Eccellentie. — Polo Basso procurator in effetto. — Zorzi Corner voio « dir cussi. — Zorzi Emo vocabuli come Poliphilo. — Ferigo Corner procurator la capana (campana) sona per nu. — « Ant. Grimani vardeve signori. « Ditti vecchij avanti il mio tempo: « Bernardo Giust.° Proc.1' domine ita. — Vidal Sanudo credete a Vitale. — Piero di Prioli Proc.1- est no dubito. — « Frane. Sanudo si prò quia. — Thoma Trivisan Proc.1- p. reverentia de Dio. — D.no Marco Bb. (Barbarigo) fò dose « l'un in l’altro l’altro in lu ». (3) Malipiero, Annali cit. P. II, pag. 693. Nel 1493 il patrizio Giovanni Zorzi per aver bestemmiato, ebbe tagliata una mano e la punta della lingua. Il Priuli nei suoi Diari cit., a c. 217 del voi. VII (luglio 1512) accenna ad un Girolamo Michiel di Nicolò citato a comparire come bestemmiatore dinanzi al Consiglio dei X sotto pena di essere condannato, se contumace, al bando perpetuo a Cipro; se reo di infrazione di bando, una prima volta avrebbe avuto il taglio della lingua, la seconda quello della testa. (4) Il Priuli nei suoi Diari cit., mss. voi. VII (maggio 1512) dice che la bestemmia era usata da ogni grado di persone.