LA FAMIGLIA 349 cità delle umane grandezze, il magistrato le rivolgeva ^queste lugubri parole: « Vostra « Serenità sì come viva è venuta a tuor possesso del palazzo, cosi vi fo intender et sa-« pere che quando sarete morta vi saranno cavate le cervelle, li occhi et le budelle, et « sarete portata in questo locho medesimo, dove che per tre giorni haverete a stare avanti « che siate sepolta ». I più antichi funerali di una dogaressa, di'cui ci resti memoria, furono quelli di Taddea Michiel (iti. 23 ottobre 1479), moglie deMoge Giovanni Mocenigo, che fu accompagnata ai Santi Giovanni e Paolo da^tutte le congregazioni ed ordini regolari, dai capitoli di San Pietro e di San Marco, dalle scuole, dai patrizi e dal popolo <*). Magnifiche esequie ebbe pure Caterina Cornaro, morta il 10 luglio 1510 de doja di stomecho, come scrive il Sanudo. La sua salma, vestita dell'umile saio francescano, fu dal suo palazzo di San Cassiano accompagnata, nonostante il tempo feribilissimo di vento, pioza e tempesta, dalla Signoria, dal vice-doge, dal patriarca con parecchi vescovi, dai parenti e dal popolo sino alia chiesa dei Santi Apostoli <2). Qui riposò fino al 1570, nel quale anno, dovendosi rifabbricare il tempio, le ossa della regina furono trasportate a San Salvatore, in una tomba terragna, e sulla parete di contro fu inalzato da Bernardino Contino un monumento, misero nella sua ricchezza. Persino le cautele, richieste dalla pubblica salute, non impedivano alla Repubblica di tributare esequie solenni a chi avesse onorato la patria. Tiziano Vecellio morì di peste; e la legge che avea sempre vietato pubblici funerali a tutti gli appestati, non fu osservata pel grande pittore, sepolto con le insegne di cavaliere cesareo nel tempio dei Frari appiè dell’altare del Crocifisso (3>. Si ordinavano pompe mortuarie, a spese dello stato, anche pei forestieri illustri, che morivano a Venezia. Al cremonese Giambattista Sfondrati, ambasciatore di Lodovico il Moro presso la Repubblica, mancato ai vivi nel settembre del 1497, fu decretato di farli onor con le exequie, allo stesso modo che s’era fatto con un altro oratore del duca di Milano, Scarampo Scarampi, nel 1485. Dalla casa Contarmi a San Moisè sul canalgrande, dove era la residenza degli oratori milanesi, la salma dello Sfondrati fu accompagnata alla chiesa dal doge, vestido di veludo cremexin con una bareta di raso in capo <4>, e l’orazione (1) Oio. Rossi, Costumi yen.. Leggi dt., voi. XII, pag. 130. (2) Cestelli, Caterina Cornaro, Venezia, 1892, pag. 151. Cfr. le note del Fietta allo scritto dt. del Simons-feld, in « Arch. Ven. », a. 1881, t. XXI. pagt;. 51 e 78. (3) O. Gronau (Tiziano, Berlino, 1900, pag. 204), richiamandosi a quanto riferisce il Ridolfi, ricorda che Tiziano fu bensì seppellito nel modo più conveniente che permise quel tempo, ma che le esequie solenni, che dai pittori si volevano fare uguali a quelle di Michelangelo a Roma, furono rimandate a quando il contagio fosse cessato. Ma poi non si fece più nulla per le controversie degli artisti. (4) Sanudo, I, 790, 792.