58 CAPITOLO III. galee dagli immensi fanali, che portavano ancora l’eco d’imprese guerresche, le navi mercantili, che recavano notizie di spiagge remote, le tartane da pesca, con le grandi vele dipinte di ranciato e di rosso, e cariche del frutto delle lunghe notti vegliate dai pescatori. Scorrevano sulla laguna altre barche d’ogni forma e, ormeggiata di contro a San Marco, la fusta, legno armato, pronto sempre a proteggere la pubblica quiete. Entro la città, nell’intreccio avviluppato dei canali, guizzavano le scaule e le gondole, e sul canalgrande « navi, navilii, marciliane, burchi et barche » s’incrociavano e s’inseguivano con moto incessante e talvolta disordinato, come osservavano nel 1546 i savi alle acquei. Sparite, a poco a poco, le caratteristiche della città di terraferma, scomparsi quasi del tutto i cavalli, il veicolo più comune diviene la gondola <2>. La sua origine è antica: in un diploma del doge Vitale Falier del 1094, gli abitanti di Loreo sono dispensati dal-l’apprestar gondole al principe: « gondulam vero nullam nobis nisi libera vestra volun-« tate facturi estis»<3>. Nel secolo XIII era una specie d’imbarcazione a dodici remi, e doveva essere rostrata; soltanto alla fine del secolo XV apparve coperta di panni colorati e fioriti, con il tettuccio sostenuto da assicelle curvate ad arco, e con due piccoli rostri (ferri) l’uno a poppa e l’altro a prora, chiamati dolfìni dalla forma somigliante a tali animali. Verso la fine del Cinquecento si contavano ben diecimila gondole(4); molte con la prora dorata, con le camerette (felzi) e i cuscini di raso o di seta, adorni di trine e ricamati, € i ferri torti alle due estremità in mille guise, con graziose borchie, con piramidi e fiori. Ma il senato, nel 1562, proibiva li felzi da barca di seda et di panno, gli ornamenti delle gondole, che fossero dorati, dipinti o intagliati, e i provveditori alle pompe ordinavano, nel 1584, che niun barcarol ardisca vogar le gondole troppo riccamente ornate, sotto pena di pregion, gallea et altro. Queste barchette « impegolate et di belle forme, vogate da neri « saraceni o vero altri famegij », costavano circa quindici ducati, cioè più di un cavallo, e non v’era gentiluomo o cittadino che non ne tenesse una, due e anche più (5>. Le gondole, per il tragitto dall’una all’altra riva del canalgrande e per le comunicazioni nell’interno della città avevano, come ora, le loro stazioni nei traghetti dai pontili di legno, dai pali sottili, fra cui la barca s’insinua senza urti nè scosse. In qualche traghetto un pergolato di vite confortava di scarse ombre i meriggi estivi dei gondolieri, e riparava un taberna-■colino con l’immagine della Vergine, dinanzi alla quale si accendeva il lume, e l’ogio della Madonna era la prima cosa a cui si pensava Come tutti gli altri mestieri, i barcaiuoli e i gondolieri erano uniti in confraternita, € avevano la loro scuola nella chiesa di San Silvestro, sotto la protezione di San Giovanni Battista (7). La confraternita era divisa in fraglie, con le loro mariegole, l’ufficio di presidenza, composto del gastaldo e della banca, e i capitoli, o adunanze, ne’ quali si trattava (1) Pavanello, La strada e il traghetto della Fossetta, Venezia, 1906, pag. 55. (2) Molte sono le etimologie della gondola: comunemente si fa derivare il nome della barca elegante dalla voce greca y.óvSv (coppa, tazza), o dal latino cymbula (barchetta), perchè avendo la u e la y suono promiscuo, e bene spesso cangiandosi nella pronuncia veneziana il c in g, ne sarebbe nata la voce gundula. (3) Orlandini, La Gondola (per nozze Alverà Da Schio), Venezia, 1903, pag. 8. (4) Fr. Sansovìno, Venetia cit., pag. 456. (5) Sanudo, Cronachetta cit., pag. 32; Casola, op. cit., pag. 13. (6) Alcuni traghetti erano anche ornati di un bel fanale piantato sur un palo, con lapidi, iscrizioni, bassorilievi. Furono trasportati al museo civico il bellissimo bassorilievo del secolo XV, che era al traghetto della Maddalena, e la lapide al traghetto di San Geremia, sulla quale sono scolpite una gondola e la iscrizione: « in tempo de Ciprian da Ce-« neda Gast... Anzolo Ponzato, Andrea Padoan compagni MDLXV111 ». Al traghetto di San Felice si vede ancora la statua, nota fra il popolo col nome di Emanuel Spinara, posta su di una colonna di stile gotico, su cui è inscritto l’anno 1544. Al ponte della paglia c’è una nicchia, con la Vergine e il putto scolpiti con la iscrizione: « Del traghetto del ponte della « Paglia sotto S. Giulio d. Alvise da Portia Gast. et S. Mathio et S. Stefano compagni » e, fra due gondole, l’anno MDLXXIII. Al ponte del fontego a Santa Giustina, sotto un tabernacolo, una lapide con gondola e la iscrizione: « Fran.o Bergamo Gastal. Zuane Malpratico Francesco Sardella Compagni MDCXX1 ». (7) I barcaiuoli, oltre a quella di San Silvestro, avevano scuole in altre chiese. Così nella chiesa di San Giobbe un altare decorato di una tavola di Paris Bordon, rappresentante Sant'Andrea, San Pietro e San Niccolò, spettava alla confraternita dei barcaiuoli del traghetto di Marghera e di Mestre. Cicogna, Iscr. VI, 699.