264 CAPITOLO IX. pressione, ma in generale rappresentano la donna con strane antitesi e freddi concetti, non mai con sentimento sincero. Lo stesso Bembo, il maggiore dei poeti veneziani, ritrae l’amata con gelida raffinatezza di concetti: Crin d'oro crespo e d’ambra tersa e pura Ch’a l’aura in su la neve ondeggi e vole; Occhi soavi e più chiari che ’I sole Da far giorno seren la notte oscura ecc. (0. E Domenico Veniero, uno dei più lodati, dipinge la sua donna così: O che fronte benigna insieme e grave Ch’assicura e spaventa in me l’affetto, Come bianca e vermiglia, e ’1 viso e ’1 petto Questa, ch’à di mia vita in man la chiave! Com’è vaga la luce e terso l’oro Dei suoi begli occhi e delle chiome bionde, Come dolci le fiamme, e i nodi loro ! Come d’ostro e d’avorio è ’I bel lavoro Che fuor mostra la bocca, e dentro asconde Delle perle e rubin ricco il tesoro ! (2). Questi sonettatori sì rassomigliano tutti. Più noia destano certi componimenti poetici, che ebbero larga diffusione nel Cinquecento, e corsero anche fra i crocchi veneziani, certi sciocchi repertori <3>, imitati da quelle allegorie, che ai poeti dei secoli precedenti erano state argomento di piacevoli enumerazioni descrittive di donne e uomini preclari. Non v’era donna che non TIZIANO — ISABELLA D’ ESTE , .. «• . » IL PROTOTIPO DEI « RITRATTI » DEL TRISSINO. ITierit&SS6 (11 SlclTe 3 pai*0 COI! gli dllgCll 061 (Musco di Vienna). cielo, e perchè le adulazioni riuscissero più peregrine, i versaioli ricercavano le immagini più artificiate e i più strani bisticci. Un Giambattista Dragoncìno da Fano profondeva queste lodi a ìModesta Veniero: Modesta ’I nome, e ’I titolo Veniera afferma ’I bello e ’1 bon ch’in te si trova, la modestia è virtù, che ’1 vitio impera, quel Veniera in te Venere rinova, e sci la Dea de le bellezze altera, o fai di Vener paragone e prova; se Vener sei, sei di beltade honesta e non lasciva perchè sei Modesta. (1) Bembo, Opere (Rime), Venezia, 1729, t. II, pag. 6. (2) D. Veniero, Rime, ed. Serassi, Bergamo, 1751, pag. 8. (3) Niccolò Franco, Il tempio d'amore, Vinegia, 1526; Troilo Pomerano da Cittadella, I triomphi composti sopra li tarocchi in laude delle famose gentildonne di Vinegia, Venetia, 1534; G. B. Dragoncìno da Fano, Stanze in lode delle nobil donne vinit., Venetia, 1547; Parabosco, Tempio della Fama ecc., Vinegia, 1548; Stanze in lode di alcune dame vemziane di autore anonimo del secolo XVI, Venezia, 1535, pag. 12. — Si potrebbero citare parecchi altri lodatori, non ultimo Paolo Barbo, del quale abbiamo poesie inedite (Bibl. Marc., cl. II, It. cod. LXV1), in cui si inneggia alla bellezza di Elisabetta Diedo, di Andriana e Chiara Pesaro, di Elena Pisani, di Elisabetta e Girolama Veniero, di Marietta da Lezze, di Cecilia e Laura Foscari, di Cattaruzza Cornaro, di Elena Donà, di Beatrice Malipiero,di Elisa-betta e Marina Grimani, di Chiara Giustinian ecc. Cicogna, /scr., VI 100.