Capitolo VI. L’ARTE NELL’INDUSTRIA ñLLE grandi arti belle, onde la città andava insigne di monumenti, di statue, di pitture, erano ausilio possente le altre, volgarmente chiamate minori, che servono agli ornamenti della casa e della persona, agli usi e ai bisogni della vita, e che furono anch’esse per Venezia non solamente una gloria, ma una fonte di lucro, quando andava tramontando la fortuna dei traffici ed era necessario cercare nuove sorgenti di ricchezza e nuove mète all’operosità. Con tutto ciò il sorger vivo e molteplice delle industrie non fece di Venezia uno stato industriale C>. Essa poteva ben trasformarsi da stato marittimo in continentale; i nipoti di quei patrizi, trafficanti e navigatori, che avevano condiviso col popolo i pericoli e le fortune di viaggi lontani, potevano tramutarsi in proprietari e signori di terraferma, ma non adattarsi a dirigere fabbriche e manifatture e ad essere consociati all’operaio in tali imprese. È però da riconoscere che se gli ottimati non volevano mescolarsi con la plebe, aiutavano con signorile munificenza le arti e le industrie, le vigilavano con provvide tutele e consentivano perfino a chi si arricchiva col lavoro di salire al supremo onore del patriziato. L’operaio, che dal più umile mestiere poteva alzarsi alla nobiltà dell’arte, trovava un altro e più amoroso aiuto nella fratellanza dei sovrani del pennello e dello scalpello. L’artista che, al pari dell’artiere, chiamava bottega il suo studio, entrava in quella dell’intagliatore, del fabbro, dello scalpellino, del falegname, dell’orafo, educando e aiutando liberalmente, con la parola, col consiglio, con l’esempio, il sentimento e il gusto dell’operaio. I pregi delle oreficerie, degli intagli, delle tarsie, dei vetri, degli sciamiti derivavano il loro splendore dalle linee dei templi, dei palazzi e delle statue, dal colore dei quadri. I trionfi dell’arte erano quelli dell’industria, e l’industria diventava arte, senza mai smarrire — e qui sta il pregio — le sue caratteristiche, che consistevano non tanto nella ricchezza, quanto nella ragione e nella scelta delle forme varie, onde ogni oggetto aveva una sua intrinseca bellezza, appropriata all’uso al quale era destinato, e il legno, il rame, il ferro conservavano la forma ad essi conveniente. Ma in talune arti, come in quella del bronzo BOTTEGA DI FALEGNAME. Da « Le legende dei Santi » di Jacobo da Varagine, Venetia, Math. de Codechà da Parma, 1494). 1) Kretschmayr, Geschichte von Venedig, Gotha, 1920, II, 456-457.