430 CAPITOLO XIII. ciava e lo baciava <■>. Un’allegoria di questa gentil cerimonia fu consacrata anche dall’arte, e un pittore cinquecentesco, il vicentino Vitrulio, dipinse per una sala del Palazzo un quadro, rappresentante il doge dei Nicolotti che offre il suo cuore a Venezia. Il popolo stesso concorreva a rendere più agiate e decorose le condizioni del suo principe. L’onorario del doge, che si pagava a trimestri, secondo l’uso veneziano, era bensì costituito da tributi in denaro di alcune terre soggette, e da una sovven- LA DOGARESSA MOROSINA GRIMANI SUL BUCINTORO. (Dagli « Habiti » del Franco). zione del pubblico tesoro, ma vi si aggiungevano doni in derrate, in merci, in stoffe per parte di alcuni comuni, di monasteri e di confraternite delle Arti. Per esempio il comune di Piove di Sacco dava una certa quantità di lino tessuto, l’arte dei mereiai « una tasca di velluto cremesin con l’arma darzento del principe », i fustagneri e i bombaseri tele di bambagina per letti e per uso di casa, i barbieri pagavano il vaiaio, che accomodava le pelliccie del doge e della sua famiglia (2). Nè si trascuravano le ghiotte vivande e i vini più prelibati per le mense del principe. Nell’ap- (1) Arch. di Stato, Collegio Notatorio, reg. 14, c. 41 t. (1476, 19 maggio). (2) Noi. (Vani. cosi, dei dogi cit., passim.